Carabiniere ucciso, la foto del fermato bendato: vendetta, denuncia o assist agli Usa?

Convalidato il fermo dei due giovani americani, accusati dell’omicidio di Mario Cerciello Rega. Bufera per lo scatto di uno dei ragazzi, ritratto con gli occhi coperti da una benda. La vicenda alimenta altri sospetti, mentre la procura apre un’inchiesta: trasferito il militare responsabile

Le indagini sull’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, da ieri circola sul web la “foto scandalo” di un uomo bendato e ammanettato dagli investigatori dell’Arma, forse durante la verbalizzazione. La persona, costretta ad un trattamento degradante, è uno dei due giovani americani fermati. Probabilmente, quello in foto è Natale Hjort. Lo scatto, rigurgitato dai social, forse proviene da una chat di appartenenti alle forze dell’ordine. Il fermo dei due stranieri è stato convalidato dal gip di Roma, Chiara Gallo, che inizialmente si era riservato la decisione. Gli indagati rispondono di concorso in omicidio e tentata estorsione. Ma in queste ore, infuria la polemica. Il militare si è giustificato affermando che sul monitor della stanza erano visibili dati sensibili, relativi ad altre indagini. Sull’episodio della foto, la procura di Roma ha aperto un fascicolo. Un’indagine interna è stata avviata dall’Arma. Da fonti interne, si apprende dell’imminente trasferimento per il carabiniere responsabile, che verrà spostato ad un reparto non operativo. In una nota, il Comando generale “prende fermamente le distanze dallo scatto e dalla divulgazione di foto di persone ristrette”. Il fatto, però, carica di ulteriori nubi l’orizzonte della vicenda Cerciello, già fosco. Un caso dove aleggiano dubbi sulla ricostruzione, ancora punteggiata da buchi neri. E sospetti vorticano pure attorno all’immagine dell’americano bendato. La diffusione è da inquadrare, forse, nella categoria del “nonnismo” da caserma? Una forma di abuso, di goliardica prepotenza, non di rado sfociata in drammi. O piuttosto siamo di fronte ad una vendetta, nel pieno di una tempesta emotiva, per la tragica morte di un carabiniere? Oppure, viceversa, qualcuno ha inteso denunciare l’umiliante condizione dell’indagato? E poi c’è’ultima ipotesi, che potrebbe oltrepassare le reali intenzioni dell’autore: un assist, magari involontario, agli Stati Uniti. Un paese dai precedenti scabrosi, anche con l’Italia, in materia di propri cittadini detenuti all’estero. Quella foto configura una possibile violazione delle convenzioni internazionali, per tutelare la dignità di persone coinvolte in procedimenti giudiziari. In passato, per molto meno, Washington ha sollevato questioni diplomatiche. Adesso cosa accadrà?

 

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