Mazzata della Cassazione ai lavoratori: è legittimo licenziare per aumentare i profitti

La suprema corte: è “un limite gravemente vincolante” per l’autonomia dell’imprenditore quello di restringere la possibilità di “sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica finanziaria e di necessità di riduzione dei costi”

E’ una sentenza che può riscrivere le regole nel mercato del lavoro. E’ legittimo il licenziamento di un lavoratore motivato dall’azienda con l’intento di realizzare “una organizzazione più conveniente per un incremento del profitto”. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, presieduta da Vincenzo Di Cerbo, con una sentenza del 7 dicembre scorso (la n. 245201), che ha annullato la decisione con cui il 29 maggio 2015 la Corte di Appello di Firenze aveva imposto a una società per azioni con sede a Roma di corrispondere un’indennità pari a 15 mensilità a un dipendente licenziato l’11 giugno 2013, ritenendo che non sussistesse un “giustificato motivo oggettivo” per la risoluzione del rapporto di lavoro. I supremi giudici hanno accolto le tesi dei legali dell’impresa, che hanno richiamato l’articolo 41 della Costituzione per sostenere che “l’imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione”, e che, di conseguenza, sia “un limite gravemente vincolante” per l’autonomia dell’imprenditore quello di restringere la possibilità di “sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica finanziaria e di necessità di riduzione dei costi”. La corte ritiene che “il motivo oggettivo di licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito rientra anche l’ipotesi di riassetto organizzativo per la più economica gestione dell’impresa, è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa”.

E perciò perché il licenziamento sia legittimo “è sufficiente che il licenziamento sia determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, tra le quali non possono essere aprioristicamente o pregiudizialmente escluse quelle che attengono a una migliore efficienza gestionale o produttiva, ovvero anche quelle dirette a un aumento della redditività d’impresa”. In poche parole per mandare via un lavoratore “non è quindi necessitato che si debba fronteggiare un andamento economico negativo o spese straordinarie”. E adesso, mani ancora più libere per licenziare?

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