Campania, dossier Legambiente: 1154 beni culturali a rischio frana

Le proposte sul clima per i candidati di tutti i partiti alle elezioni europee

In vista delle prossime elezioni europee, Legambiente presenta il dossier “Il Clima è già cambiato: la Campania alla sfida per l’Europa” con dati, numeri proposte rivolto a chi oggi chi si candida a rappresentare i cittadini campani e del mezzogiorno in Europa. Nella Regione, numeri inquietanti: 29 eventi estremi dal 2010 a oggi, tra cui 6 trombe d’aria, 6 allagamenti da piogge intense, 12 episodi di danni consistenti a infrastrutture o al patrimonio storico a causa del maltempo, 4 esondazioni fluviali e una frana. Oltre 1,1 miliardi di euro di danni. “Manutenzione del territorio, pianificazione di azioni di tutela e depurazione dei corpi idrici, chiusura del ciclo dei rifiuti e implementazione dell’economia circolare locale, cura e salvaguardia del patrimonio delle aree protette nazionali e regionali – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – Queste e altre sono le politiche prioritarie da mettere in campo per resistere e contrastare il climate change e allo stesso tempo promuovere un modello differente che tenga insieme rispetto del territorio, aumento della qualità della vita per i cittadini e sviluppo di politiche occupazionali. E per far questo c’è bisogno di una classe dirigente pronta, coraggiosa e lungimirante, insomma all’altezza della sfida epocale”. Nel dossier, Legambiente, presenta una fotografia degli effetti sul territorio dell’emergenza climatica. Che la Campania sia una regione ad elevato rischio idrogeologico lo dimostrano i numeri: dei 550 comuni presenti nella regione, sono 503 (il 91%) quelli in cui ricadono aree classificate a elevato rischio idrogeologico con una superficie di circa 3338 kmq (il 24,4% della superficie regionale). In totale sono oltre 544 mila le persone residenti in questi territori (circa il 10% della popolazione residente nella regione) dove insistono 499 scuole, 1288 beni culturali e 18.451 imprese. L’elevata diffusione del rischio idrogeologico in Campania ha portato negli ultimi decenni alla programmazione di 478 cantieri per “mettere in sicurezza il territorio”, di cui 57 risultano ancora in corso di esecuzione 255 sono già conclusi e 166 riguardano altri interventi. Non meno frequenti sono i danni ai beni archeologici e al patrimonio storico culturale del nostro Paese.La Campania è al quarto posto in Italia – dopo Toscana, Marche ed Emilia Romagna – per il numero di beni a rischio che si trovano in aree a pericolosità elevata o molto elevata di frane. Su 8889 beni culturali presenti in Campania, secondo l’Ispra, sono 1154 i beni a rischio “elevato” e “molto elevato” di frana (13% del totale regionale). Sono 689, invece, i beni culturali a rischio “medio” e “elevata” alluvioni in Campania (7,70 per cento del totale regionale). L’area metropolitana di Napoli è invece terza dopo le province di Siena e Genova: sul territorio partenopeo si trovano 448 siti ad alto rischio (il 13,6 % del totale provinciale). Per quanto riguarda il trattamento della frazione organica proveniente da raccolta differenziata (FORSU), scondo gli ultimi dati Ispra, in Campania la produzione nell’anno 2017 è di 2 milioni e 560mila tonnellate, facendo rilevare una riduzione del 2.5% rispetto al 2016. La percentuale di raccolta differenziata raggiunge il 52%, con un valore pro capite di differenziata di 232 kg annui per abitante. Dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata oltre la metà sono costituite da organico: 678 mila tonnellate di cui solo il 6% viene trattato nei quattro impianti situati sul territorio regionale e attivi nel 2017. Tutto il resto viene portato fuori. Inoltre, gli ultimi dati resi disponibili dall’Arpac relativi ai controlli svolti nel 2018 sulle acque in uscita dagli impianti di depurazione, confermano la cronica criticità della situazione dal punto di vista della funzionalità e qualità della conduzione degli impianti. Infatti, su base regionale ben il 39% dei controlli è risultato “non conforme”, con punte di non conformità del 63% per gli impianti della provincia di Caserta e a seguire del 59% per quelli della provincia di Benevento, del 48% per la provincia di Avellino, del 40% per la provincia di Salerno e del 26% per la provincia di Napoli.

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