Coronavirus, non è più reato “passeggiare”. Il decreto frena governatori e sindaci

Il provvedimento del governo in vigore da oggi 26 marzo: depenalizzate le violazioni alle misure di contenimento, adesso passibili solo di sanzione amministrativa da 400 a 3000 euro. Dubbi sull’efficacia delle ordinanze regionali emanate prima della nuova norma statale

Divieti di uscire per l’emergenza coronavirus, arriva l’ultimo decreto legge, per mettere ordine nel caos normativo. O almeno provarci. Le indiscrezioni ne parlavano da giorni, c’è una novità sostanziale: non è più reato trasgredire alle misure di contenimento all’epidemia. A partire dal divieto di restare in casa, inasprito dalle ordinanze di alcuni sindaci e governatori. Adesso il “reato di passeggiata” – cioè l’uscire senza valida giustificazione – è punito solo con sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro. E sempre salvo che il fatto non costituisca illecito penale. “Non si applicano – si legge nel decreto legge numero 19, in vigore da oggi 26 marzo – le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità”. Quindi, sono destinate all’archiviazione le decine di migliaia di denunce, frutto dei controlli in tutta Italia, nei giorni scorsi. Sarà l’effetto di un principio generale, sancito dal codice penale, secondo cui “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato”. Ora, una serie di comportamenti non si considera più inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. Ossia il reato punito anche con l’arresto fino a tre mesi, come avveniva fino a ieri. Tra questi, riunirsi in assembramenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. E perfino l’infrangere la quarantena per i positivi al virus. In quest’ultimo caso, tuttavia, non si può escludere la contestazione di un reato come l’epidemia dolosa (punibile pure con l’ergastolo) o colposa (pene da 3 a 12 anni). Nel caso di violazione di un’attività commerciale, può applicarsi la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio da 5 a 30 giorni.


Le ordinanze dei governatori. Ai presidenti di Regione, il decreto legge sembra fare una concessione. L’articolo 3 del provvedimento, infatti, consente alle regioni di “introdurre misure ulteriormente restrittive”, rispetto a quelle statali. Una possibilità per quando si verifichino “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” nel loro territorio, o in una parte di esso. Con due limitazioni però. La prima è che le ordinanze locali possono restringere libertà dei cittadini esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza, e “senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”. La seconda presenta margini di applicabilità più complessi: tale potere è permesso ai governatori “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri”, e con “efficacia limitata fino a tale momento”. All’atto pratico, non sarà semplice districarsi nella terra incognita dei rapporti Stato-Regioni. Per fare un esempio, l’ordinanza del governatore campano De Luca, firmata ieri sera, proroga al 14 aprile le restrizioni di un precedente provvedimento. Tra esse, il divieto assoluto di passeggiare o fare attività motoria all’aperto. Una proibizione più severa di quanto prevedono le norme del governo, per le quali l’attività sportiva è ammessa, purché avvenga nei pressi della propria abitazione. Il nuovo decreto conferma la “limitazione o sospensione delle attività ludiche, ricreative, sportive e motorie svolte all’aperto o in luoghi aperti al pubblico”. Sembra un ulteriore giro di vite, ammettendo un margine discrezionale delle regioni. Ma non tutto è inibito dalle misure anti contagio. Meno vago lo stop ai sindaci-sceriffi. “Non possono adottare, a pena di inefficacia – si legge nel decreto -, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1 (relativo alle misure di contenimento, ndr)”. In definitiva, il governo restituisce centralità alla legge, dopo l’alluvione di decreti ministeriali, strumento sinora adottato per limitare libertà fondamentali. E quindi anche ai poteri di controllo, dal presidente della Repubblica al parlamento. Ma è pure un freno ai provvedimenti capestro degli enti locali, adesso costretti a muoversi – teoricamente – in un perimetro presidiato da norme di rango superiore. Le polemiche, comunque, non mancheranno.

Gianmaria Roberti

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