
Inammissibile il referendum abrogativo della legge sull’Autonomia differenziata. Lo ha deciso la Corte Costituzionale. La sentenza è stata emessa oggi pomeriggio lunedì 20 gennaio dagli undici giudici della Consulta che hanno rilevato che “l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari”. Lo scorso novembre la Consulta si era già espressa in merito alla cosiddetta ‘legge Calderoli’, sottolineando – ai fini di compatibilità costituzionali – la necessità di correzioni su sette profili della stessa legge: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi.
Secondo i giudici, il referendum sull’autonomia differenziata “verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale”.
Contestualmente la Consulta ha dichiarato ammissibili i cinque referendum che riguardavano cittadinanza per gli extracomunitari, Jobs Act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti di lavoro a termine, responsabilità solidale del committente negli appalti.
La Corte – così come emerge in una nota – ha ritenuto ammissibili questi 5 quesiti perché “le rispettive richieste non rientrano in alcuna delle ipotesi per le quali l’ordinamento costituzionale esclude il ricorso all’istituto referendario”.
In particolare, 4 Referendum, promossi dalla Cgil, a cui i giudici costituzionali hanno dato il loro via libera riguardano la materia del lavoro: in primis, il Referendum abrogativo del Jobs act sul contratto di lavoro a tutele crescenti e la disciplina dei licenziamenti illegittimi, oltre al quesito per l’abrogazione parziale delle norme sull’utilizzo dei contratti a termine. E ancora: un Referendum riguarda l’abrogazione parziale delle norme sull’indennità in caso di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, un altro, invece, tocca il tema degli infortuni sul lavoro negli appalti, e, in particolare, le norme sull’esclusione della responsabilità solidale del committente, appaltatore e subappaltatore.
Infine, via libera della Corte anche al quesito sulla cittadinanza, con il quale si punta al “dimezzamento, da 10 a 5 anni, dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana”. Per i quesiti dichiarati ammissibili, i cittadini saranno chiamati alle urne in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno, come previsto dalla legge.
“Le motivazioni preliminari della Corte Costituzionale, che dichiara inammissibile un quesito referendario su sei, proprio quello sull’autonomia differenziata, nega dignità alla volontà di migliaia di cittadini che lo hanno sottoscritto”. É quanto afferma il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, commentando le decisioni della Corte Costituzionale sui quesiti referendari su autonomia, lavoro e cittadinanza.
“In queste ore, comunque – precisa Ricci – la nostra organizzazione è mobilitata per avviare la campagna elettorale per portare al voto milioni di elettori, con l’obiettivo di raggiungere il quorum sugli altri referendum, quelli su Job Act, appalti, licenziamenti e quello sulla cittadinanza. La strada del referendum, scelta dalla Cgil, è l’unica possibile per riformare il Paese su aspetti costituzionalmente rilevanti che riguardano la vita dei lavoratori e dei cittadini italiani. Rimane, a caldo, una grande amarezza per il diniego della Corte, confidando nell’imparzialità della stessa”.
“Nelle prossime ore – conclude Ricci – avvieremo una campagna di assemblee nei luoghi di lavoro e iniziative pubbliche in tutta la Campania, nelle quali sosterremo con forza le ragioni del sì all’abrogazione delle leggi oggetto dei cinque referendum”.
CiCre