Fabricio Hadzovic, Admir Hadzovic, e Igor Adzovic, travolsero l’auto di servizio su cui era l’agente, durante la fuga successiva ad una tentata rapina. Niente ergastolo per loro, come chiedeva la pubblica accusa: riconosciuti colpevoli di delitto volontario, con pene di 26, 18 e 18 anni
Tentarono di svaligiare un bancomat, quindi provocarono la morte dell’agente scelto Pasquale Apicella, 37 anni, con i colleghi impegnato a bloccarne la fuga. La Corte di Assise di Napoli ha ritenuto colpevoli di omicidio volontario i tre ladri, per quel delitto nella notte del 27 aprile 2020. Si tratta di Fabricio Hadzovic, 41 anni, Admir Hadzovic, 28 anni, e di Igor Adzovic, 40 anni, condannati rispettivamente a 26, 18 e 18 anni di reclusione. La procura di Napoli aveva chiesto l’ergastolo per gli imputati. I tre per seminare la Polizia usarono la loro Audi come un’arma, scagliandosi a fortissima velocità contro la “pantera” a bordo della quale c’era Apicella, uccidendolo. L’ultimo componente la banda, Renato Adzovic, 24 anni, è stato giudicato con il rito abbreviato e già condannato a sei anni di reclusione ma per reati minori. Per i giudici della terza Corte di Assise (presidente Lucia La Posta) i tre sono colpevoli di omicidio volontario, oltre che di tentata rapina, tentato furto, lesioni dolose e ricettazione. I tre tentarono di tutto, durante l’inseguimento, per cercare di liberarsi delle forze dell’ordine. Imboccarono Calata Capodichino a fari spenti, a forte velocità e contromano. L’impatto fu talmente violento da sradicare il propulsore della “pantera”, trovato ad alcuni metri di distanza. A terra, inoltre, non venne rilevato alcun segno di frenata. La Corte di Assise, così, ha parzialmente accolto le richieste dei pm Cristina Curatoli e Valentino Battiloro, che hanno coordinato le indagini insieme con il procuratore aggiunto Rosa Volpe. Presente, in aula, Giuliana Ghidotti, la moglie di Apicella (difesa dall’avvocato Gennaro Razzino), di recente entrata in Polizia dopo avere frequentato un corso riservato ai familiari delle vittime del dovere. Oltre a lei si sono costituiti parte civile i genitori e le sorelle di Pasquale, e la fondazione Polis (assistita dall’avvocato Celeste Giliberti) e l’associazione Vittime del dovere. Vennero invece rigettate le istanze del Ministero dell’Interno e del Comune di Napoli, giunte in ritardo. “Non cercavo vendetta – commenta Giuliana Ghidotti -. L’omicidio volontario è stato riconosciuto, questo è importante. Quel giorno non è stato un incidente come gli imputati volevano far credere. Le condanne in sé non ci interessano. Torno a casa dai miei figli a testa alta, con Lino sempre nel cuore e una grande fiducia nella giustizia”.