Nel nosocomio napoletano, già al centro di molte polemiche, comanderebbe l’Alleanza di Secondigliano. Le mani su assunzioni, appalti e relazioni sindacali. Il procuratore capo Melillo: “Il controllo mafioso si realizzava anche con la partecipazione dei sanitari”
All’ospedale San Giovanni Bosco comanda la camorra. L’accusa della Dda di Napoli risuona in conferenza stampa, a poche ore dal blitz – da oltre 100 arresti – contro l’Alleanza di Secondigliano. Anzi, del cartello di clan, l’ospedale “era diventato la sede sociale” dice il procuratore capo Giovanni Melillo. Gli uomini dei Contini “controllavano – sostiene – il funzionamento dell’ospedale, dalle assunzioni, agli appalti, alle relazioni sindacali”. E lo stesso San Giovanni Bosco era “diventato la base logistica per trame delittuose”. Uno scenario inquietante, a cui – secondo la procura- non erano estranei i camici bianchi. “Il controllo mafioso del funzionamento del San Giovanni Bosco – aggiunge Melillo – si realizzava attraverso la partecipazione anche di sanitari, a volte indotta dalla paura e a volte dalla coincidenza di interessi”. L’egemonia del cartello mafioso, peraltro, era nota “anche alle altre organizzazioni. – precisa il procuratore . Ci sono collaboratori che hanno raccontato che gli altri clan, quando avevano bisogno di prestazioni illegali, non facevano altro che rivolgersi agli uomini del clan Contini. Le pagine del giudice descrivono un sistema allarmante, come allarmante è anche il quadro che emerge dalle indagini in corso”. I fatti relativi all’operazione oggi eseguita si fermano al 2016. Ma le indagini sulle attività successive sono ancora in corso, e quindi riservate.
Le mani dei clan sarebbero arrivate, ad esempio, fino alle liste d’attesa. Si ipotizzano interventi in favore di ammalati, andati in pellegrinaggio dai boss, per aggirare l’impasse burocratica. Ma la camorra avrebbe condizionato pure decisioni dei sindacalisti, in alcune vertenze. E si sarebbe spinta ad imporre l’assunzione di affiliati, nelle ditte operanti in ospedale. Un controllo a 360 gradi, sanitario e amministrativo: perfino cure mediche ai feriti d’arma da fuoco, senza passare dal pronto soccorso, o falsi certificati medici per gli imputati e le frodi assicurative. Un presidio sanitario dove non regnava più lo Stato, ma l’anti Stato.
L’OSPEDALE DELLE FORMICHE: SCONTRO POLITICO. Se ora il San Giovanni Bosco è ritenuto “l’ospedale della camorra”, fino a ieri le cronache riportavano altri scandali. L’emergenza formiche nei reparti, ad esempio. Uno scandalo aleggiato a lungo sul nosocomio, tra accuse alla Regione e risposte irose del governatore-commissario alla sanità De Luca. Palazzo Santa Lucia evocava un “complotto della camorra”, davanti ai periodici allarmi igienico-sanitari. Allusioni adesso da confrontare con le risultanze investigative. E oggi De Luca rivendica, come Regione, di aver “dato impulso all’avvio dell’indagine”, denunciando “alla Procura tutti, da chi gestiva il parcheggio abusivo, fino a quando abbiamo cacciato il gestore del bar abusivo che ha tentato di fare resistenza”. “Nei giorni delle formiche – ricorda il governatore – andai all’ospedale San Giovanni Bosco. C’era nel parcheggio un camorrista che lo gestiva da anni. Poi sono entrato al pronto soccorso che ho trovato con le porte aperte. Ho chiesto il perché agli addetti, mi hanno indicato una persona seduta nella sala dicendo che lui aveva chiesto di tenere le porte aperte. Ho chiesto loro se ne avevano registrato il nome e mi dissero che l’uomo aveva chiesto di non essere registrato. È chiaro come abbiamo dovuto lavorare?”. De Luca si intesta una “scelta di coraggio”, perché “abbiamo resistito all’incendio delle auto dei primari, abbiamo combattuto contro finti sindacalisti delinquenti”. A dargli man forte c’è il commissario straordinario dell’Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva: “Abbiamo denunciato e agito, perché fin dal primo momento abbiamo ritenuto che il San Giovanni Bosco fosse un simbolo da abbattere”. Ma non è dello stesso avviso Valeria Ciarambino, consigliera regionale del M5S: “La sanità svedese di De Luca è finita nelle mani della camorra, come è stato possibile consentire che i clan controllassero la salute dei cittadini?”. L’esponente dei 5 stelle punta il dito contro “un sistema che ha avuto campo libero per troppo tempo”. Ciarambino chiede se “sono state messe in campo dal management aziendale tutte le possibili misure di controllo o se ci sia stata qualche omissione o negligenza”. E giudica “paradossale che mentre, alcuni mesi fa, De Luca chiedeva alla Procura di aprire un’indagine sui reiterati casi di formiche in corsia, sotto gli occhi della sua dirigenza si consumavano reati molto più gravi”.