Bimbo ucciso a Cardito, arrestata anche la madre

Il Padre già in carcere per l’omicidio del piccolo

La Polizia ha arrestato la 30enne Valentina Casa, madre del piccolo di 8 anni ucciso a botte a Cardito (Napoli) dal patrigno Tony Essobti Badre – tuttora in carcere – nello scorso mese di gennaio. Al pestaggio, che aveva coinvolto anche la sorellina della vittima, rimasta fortunatamente solo ferita, aveva assistito anche la donna, che si era difesa dicendo di essere sotto shock durante il fatto, e di non essere riuscita a fare nulla. I poliziotti hanno eseguito un’ulteriore ordinanza a carico di Badre per il tentato omicidio della sorella del bimbo. Ad eseguire il provvedimento gli uomini della Polizia di Stato – Squadra Mobile di Napoli e Commissariato di Afragola – su ordine del gip del Tribunale di Napoli Nord. I poliziotti hanno eseguito un’ulteriore ordinanza a carico del padre per il tentato omicidio della sorella del bimbo. L’indagine è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord guidata da Francesco Greco.  Gli accertamenti hanno fatto emergere un grave quadro indiziario nei confronti della donna e, per ulteriori reati, del suo compagno.  In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, avvalorata dal Giudice per le indagini Preliminari, è emerso che la donna, venendo meno a un suo preciso dovere, rimaneva inerte mentre il compagno colpiva con efferata violenza i suoi figli: non interveniva a fermare la furia omicida del compagno, non invocava l’aiuto dei vicini, non contattava i servizi di emergenza delle Forze dell’Ordine. L’indagata, secondo la ricostruzione investigativa, provava invece a ripulire il sangue uscito dalle ferite dei figli con dei teli lasciati in bagno, occultava all’interno della pattumiera le ciocche di capelli strappate dal compagno alla figlia e, all’atto di intervento degli operanti, non riferiva immediatamente che Tony era stato l’autore di quello scempio, negava piuttosto la violenza già perpetrata all’indirizzo dei bambini.  La condotta della donna, e quella del compagno, sono state ricostruite attraverso una complessa attività investigativa, che si è articolata in plurimi accertamenti di natura tecnica, innanzitutto di tipo medico-legale, che hanno accertato come la violenza dei colpi inferti ai bambini fosse risultata idonea a cagionare il decesso di Giuseppe e l’esposizione ad imminente pericolo di vita della figlia primogenita. Anche i medici del presidio ospedaliero Santobono, che hanno prestato i primi soccorsi alla piccola N., hanno certificato la assoluta gravità delle lesioni da lei riportate alla testa ed al volto. L’inerzia della donna rispetto all’omicidio del figlio Giuseppe ed al tentato omicidio della figlia N. ad opera del compagno si unisce alla tragica storia di maltrattamenti che andava avanti da tempo.Nel corso delle indagini, infatti, sono state raccolte le dichiarazioni dei vicini di casa degli indagati e quelle delle insegnanti dei bambini, che hanno riferito delle evidenti ecchimosi e delle molteplici tumefazioni, frequentemente notate sul volto e sul corpo dei bambini.È stato anche riferito che i minori apparivano poco curati, completamente abbandonati a sé stessi, costretti a non intrattenersi a giocare nel cortile di casa con i coetanei e a non parlare con i vicini.

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