Raggiunto l’accordo tra Stato e Regioni che rende operativo il servizio umanizzato
Assistenza domiciliare (Adi): un accordo tra Stato e Regioni ha sbloccato le risorse del Pnrr per potenziare il servizio ai pazienti fragili. Lo schema di decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Mef, prevede la ripartizione di 1,2 miliardi di euro per l’investimento M6 C1-1.2.1. Casa come primo luogo di cura (Adi). L’intesa è stata raggiunta il 12 ottobre 2023, dopo tre rinvii, nella Conferenza Stato Regioni.
L’obiettivo è garantire una presa in carico integrata e personalizzata dei pazienti che necessitano di cure a domicilio, evitando il ricorso al ricovero ospedaliero. In questo modo, l’Assistenza domiciliare (Adi) dovrebbe essere un piccolo ospedale che arriva al letto dell’ammalato, secondo il dottor Vincenzo Petrosino, oncologo chirurgo di Salerno. “Purtroppo – dice – molte Asl non hanno capito cosa sia davvero Assistenza domiciliare (Adi) e la attivano solo per i casi terminali o con complicanze. Invece l’Assistenza domiciliare (Adi) deve essere un servizio umanizzato e qualificato, che coinvolge anche i medici di base e i familiari“.
La situazione della Sanità italiana è spesso confusa e i cittadini non sono informati delle opportunità offerte dal Ministero della Salute. Per questo motivo, è importante diffondere la conoscenza dell’Assistenza domiciliare (Adi) e delle sue potenzialità, soprattutto nelle aree periferiche dove le strutture sanitarie sono carenti o sovraffollate. Così facendo, si potrebbe migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre i costi sanitari.
Le cure domiciliari Adi sono un servizio offerto dal Servizio sanitario nazionale a chi non è in grado di curarsi da solo o ha bisogno di assistenza sanitaria a casa. Il Ministero della Salute spiega sul suo sito quali sono le condizioni per accedere a questo servizio e come funziona. Ecco un riassunto delle informazioni principali.
Innanzitutto, il servizio Assistenza domiciliare (Adi) si rivolge a persone non autosufficienti o fragili, che hanno problemi di salute che richiedono prestazioni mediche, riabilitative, infermieristiche o di aiuto infermieristico. L’obiettivo è stabilizzare la situazione clinica, limitare il peggioramento funzionale e migliorare la qualità della vita nel proprio ambiente familiare. Inoltre, si cerca anche di evitare il ricovero ospedaliero o in una struttura residenziale, quando non è strettamente necessario. La ASL garantisce la continuità tra l’assistenza ospedaliera e quella domiciliare.
Per richiedere il servizio Assistenza domiciliare (Adi), si può contattare la ASL di riferimento, in genere presso il Distretto. La richiesta può essere fatta da chiunque (paziente, familiare, caregiver, medico, ecc.). Successivamente, la ASL valuta la situazione del paziente e decide il tipo e la durata delle cure domiciliari.
Esistono due livelli di cure domiciliari: base e integrato. Il livello base riguarda le prestazioni professionali occasionali, di bassa complessità, che possono essere svolte a casa (ad esempio: prelievi di sangue, radiografia, elettrocardiogramma, ecc.). Il livello integrato riguarda i pazienti con condizioni di salute più complesse, che necessitano di un percorso assistenziale personalizzato e multidisciplinare, che coinvolge diversi operatori sanitari e sociali.
L’Assistenza domiciliare (Adi) è un servizio che la ASL offre ai pazienti con bisogni sanitari, funzionali e socio-familiari. In primo luogo, il medico di famiglia o il pediatra valuta i bisogni del paziente con strumenti e scale standardizzati. Successivamente, scrive un progetto di assistenza o di riabilitazione che indica le prestazioni, le modalità e la durata del trattamento. Inoltre, il medico ha la responsabilità clinica dei processi di cura e coinvolge la famiglia.
In secondo luogo, l’équipe multidisciplinare della ASL si occupa dell’assistenza domiciliare e fornisce le prestazioni mediche, infermieristiche, assistenziali o riabilitative. Infatti, la frequenza degli accessi al domicilio dipende dalla complessità del quadro clinico. Se necessario, la ASL assicura anche gli accertamenti diagnostici, i farmaci, i dispositivi medici e i preparati per la nutrizione artificiale.
Infine, le cure domiciliari sono integrate da prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale alla persona. Queste prestazioni sono a carico del Servizio sanitario nazionale per i primi trenta giorni dopo la dimissione ospedaliera protetta. Poi, sono a carico del Comune per il 50 per cento e dell’utente per il restante 50 per cento, secondo il reddito. In aggiunta, le cure domiciliari sono integrate anche dagli interventi sociali del Comune, in base al bisogno di assistenza della persona.
“La mia lunga carriera di medico mi ha insegnato che le norme e le leggi non bastano a garantire una buona assistenza domiciliare. Infatti, il ministero dice che le cure a casa servono a preservare le capacità residue dei malati e a evitare il peggioramento. Tuttavia, come si fa se a Salerno mancano diabetologi, endocrinologi, doppler, otorini, nefrologi, dentisti e fisioterapisti a domicilio? E se gli infermieri arrivano solo su richiesta e con ritardi? E se i pazienti fragili vengono abbandonati in ospedale o in case di riposo?”- sottolinea il dottor Petrosino.
Continuando il dottore aggiunge: “Questa è la triste realtà che vivo ogni giorno. Non accetto le scuse della mancanza di soldi, di personale, di competenze. Al contrario, questi servizi ‘particolari’ richiedono una organizzazione efficiente e un personale preparato e sensibile. Inoltre, dietro ogni paziente fragile c’è una storia, una famiglia, una sofferenza. Non possiamo dimenticarcelo mai”.
Infine, Petrosino conclude:
“I servizi sanitari in Italia sono una realtà. Infatti, la gente deve conoscerli e pretendere che siano accessibili e utilizzabili sempre. Inoltre, i medici devono vigilare sulla loro applicazione. Il malato fragile non ha tempi. Quindi, se è disidratato, deve fare le flebo. Altrimenti, non può aspettare la burocrazia. I dirigenti devono muoversi dalle sedie. Perché le chiacchiere non bastano. Gli ammalati spesso non possono aspettare. Questo ci farebbe diventare un paese civile. Non il paese delle promesse pre-elettorali e del pareggio di bilancio”.
L’ultima stesura del provvedimento ha recepito le modifiche condivise a livello tecnico. Le Regioni hanno chiarito che è condizionata all’impegno dei Ministeri competenti. Devono ripartire le risorse alle Regioni e le Province autonome con un decreto. Il decreto deve essere adottato d’intesa con la Conferenza Stato Regioni. Tuttavia, il tutto dipende dall’esito delle verifiche della Commissione europea. Il raggiungimento del Target comunitario M6C1-6 tiene conto di due fattori:
– per le Regioni/Province che hanno raggiunto il target finale, il numero degli assistiti che superano i target finali regionali/provinciali;
– per le Regioni/Province che non hanno raggiunto il target finale, il numero degli assistiti incrementali over 65 presi in carico, rispetto alla base dati 2019.
Il decreto che stabilisce le sanzioni per le Regioni che non hanno raggiunto gli obiettivi del piano per l’assistenza agli anziani con Alzheimer e demenze è stato approvato dal Governo e dalle Regioni. Inoltre, il decreto prevede che le Regioni che hanno ricevuto anticipazioni di fondi ma non hanno aumentato il numero di assistiti al costo standard previsto dovranno restituire la differenza. Allo stesso tempo, le Regioni hanno anche chiesto al Governo di prorogare il fondo per l’Alzheimer e le demenze fino al 2026, con un aumento di 15 milioni di euro, per potenziare i servizi e la qualità dell’assistenza.
Concludendo, il dottor Vincenzo Petrosino, oncologo chirurgo di Salerno, commenta: “Si tratta di un passo importante per garantire la dignità e il benessere delle persone affette da queste patologie, che richiedono un’attenzione costante e personalizzata“.