Abuso d’ufficio, prosciolti i magistrati Oricchio e Pagano

L’udienza preliminare a Napoli, per uno stralcio della maxi inchiesta sul presunto “Sistema Pagano” del tribunale di Salerno: non luogo a procedere per le contestazioni al procuratore regionale della Corte dei conti e al giudice, principale accusato nella vicenda

Nuova udienza preliminare, nell’ambito del presunto “Sistema Pagano”: stavolta ci sono due proscioglimenti. Ad uscire dalla maxi inchiesta è il procuratore regionale della Corte dei conti, Michele Oricchio (nella foto). Uno dei nomi eccellenti, rimasti impigliati nell’indagine sul presunto giro di processi pilotati in favore di amici, in cambio di denaro e favori. Prosciolto, dall’accusa di abuso d’ufficio in concorso, anche il giudice Mario Pagano, accusato di di essere s capo della “cricca” del tribunale civile di Salerno. Il gup del tribunale di Napoli, Luca Battinieri, decide per il non luogo a procedere. Alla terza udienza preliminare, stralcio del filone principale, Pagano (difeso dagli avvocati Domenico Ciruzzi e Claudio Botti) vede respinta la richiesta di rinvio a giudizio, per lui ed Oricchio (assistito dal penalista Agostino De Caro), firmata dalle pm napoletane Ida Frongillo e Celeste Carrano. Gli era andata male nelle due precedenti, ed ora deve difendersi – in due dibattimenti – da accuse che vanno dall’associazione per delinquere alla corruzione. In questa occasione, Pagano e Oricchio rispondevano di condotte inerenti le cariche alla commissione tributaria. Ad Oricchio, la procura di Napoli chiedeva conto di un procedimento di 6 anni fa, aperto dal ricorso di un’azienda contro l’Agenzia delle entrate di Salerno. Lui era allora presidente della VI sezione della commissione tributaria provinciale di Salerno, di cui faceva parte lo stesso Pagano. Secondo gli inquirenti, Oricchio aveva omesso di astenersi dall’assegnazione della causa al giudice relatore, pur in presenza dei casi previsti dalla legge. Un’azione dettata dall’istigazione di Pagano, “legato – sostenevano le pm – da rapporti di amicizia e di interesse” ai titolari della ditta. Agli atti erano finiti due sms, inviati da Pagano a Oricchio: uno nel giorno di deposito del ricorso, specificando il numero di registro; l’altro due mesi dopo, chiedendo di ricordarsi della società, in sede di assegnazione. Richieste a cui – secondo l’accusa – Oricchio dava assenso, sempre tramite sms. “Ok Mario, mi attivo”, la prima volta. “Ok, Saluti” la seconda volta. La procura ci vedeca “un reciproco scambio di interferenze nelle decisioni di magistrati ordinari e tributari in favore dei rispettivi amici”. In seguito, la commissione presieduta da Oricchio accoglieva il ricorso dell’azienda, gravata da un atto di recupero di 124mila euro. La sentenza, però, era ribaltata nel 2015 dalla commissione tributaria regionale, cui si era appellata l’Agenzia delle entrate. Si tratta, tuttavia, di indizi troppo labili per il gup. Non c’è materiale per provare la volontà di procurare all’azienda un ingiusto vantaggio patrimoniale, consistente – secondo i pubblici ministeri – nel vedersi assegnare un giudice “non in posizione di terzietà e di imparzialità” verso l’Agenzia delle entrate.

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