Suicidi per motivi economici, nel 2018 Campania maglia nera

L’identikit descrive un disoccupato (46,6%) nella fascia d’età 45-54 anni (32,3). Dei 24 suicidi l’anno scorso (su 110 in Italia), 10 sono in provincia di Napoli, 5 in provincia di Caserta 4 in provincia di Salerno, 3 in provincia di Avellino e 2 in provincia di Benevento

Suicidi per motivazioni economiche, una strage in Campania. Il quadro nero è dell’Osservatorio della Link Campus University, relativo a 7 anni di indagine sociologica sul fenomeno. Tra 2012 e 2018, la Campania passa dal 12,4% al 21,8% dei suicidi in Italia, se legati a ragioni finanziarie. Nell’ultimo anno è la regione più colpita. Dei 24 suicidi in Campania del 2018 (su 110 in Italia), 10 sono in provincia di Napoli, 5 in provincia di Caserta 4 in provincia di Salerno, 3 in provincia di Avellino e 2 in provincia di Benevento. Dall’inizio della ricerca, la Campania conta 133 suicidi (su 988 in Italia), con il triste record di Napoli (53), seguita da Salerno (35), Avellino (20), Caserta (19) e Benevento (6). L’identikit descrive un disoccupato (46,6%) nella fascia d’età 45-54 anni (32,3). In Italia, ad esempio, sono gli imprenditori la categoria più a rischio (41,8). Oltre alla Campania (13,5%), in questi 7 anni, la regione più colpita è il Veneto (15,8%).

 

“L’analisi complessiva dei dati relativi al periodo 2012-2018 – spiega l’Osservatorio ‘Suicidi per motivazioni economiche’ – conferma ancora una volta quanto tale emergenza abbia, nel corso degli anni, cambiato forma assumendo – se possibile – contorni ancora più tragici, in termini di una sua progressiva diffusione anche tra quelle fasce della popolazione inizialmente poco coinvolte. Se all’inizio del monitoraggio infatti a essere particolarmente colpita era la categoria degli imprenditori, oggi i dati mostrano come l’incidenza sia cresciuta soprattutto tra i disoccupati: dal 2012 a oggi rappresentano infatti il 41,8% gli imprenditori suicidi e il 40,1% quei disoccupati che, a causa della perdita del lavoro o dell’incapacità di reinserirsi nel mercato, hanno scelto di togliersi la vita. A questi si aggiunge quel 12% circa di coloro che un lavoro l’avevano ma, schiacciati dal peso dell’instabilità lavorativa ed economica, hanno visto nel gesto estremo l’unica via di uscita”. A chi si è tolto la vita, in questi 7 anni, si sommano 717 tentati suicidi. Un’onda ancora lontana dall’arrestarsi, nonostante gli slogan sulla fine della crisi.

 

Proprio l’incremento dei suicidi tra i disoccupati – nel 2012 erano pari al 31,5% a fronte del 55,1% registrato tra gli imprenditori -, pone l’accento su un “problema occupazionale che – sostiene il professor Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio – rappresenta un’emergenza non più procrastinabile e che richiede una decisa riforma del welfare state: ben vengano dunque interventi legislativi come il reddito di cittadinanza che se da un lato si configura come una misura di sostegno al reddito, dall’altra si propone di rimettere in moto il mercato del lavoro anche attraverso una riforma strutturale e motivazionale dei centri per l’impiego. Una iniezione di fiducia cui ora deve accompagnarsi una ottimizzazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

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