Il processo torinese per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero Schmideiny
ROMA – “Per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuto anteriormente alla sentenza di primo grado, cadono altresì tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni”. Lo scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza del processo Eternit, che si è concluso con la prescrizione del reato di disastro contestato all’imprenditore svizzero Strephan Schmidheiny. Il giudice, infatti, in base al codice di procedura penale, ha “potestà a provvedere sulle domande civili all’esistenza di una sentenza di condanna agli effetti penali, almeno di primo grado”.
Nel processo Eternit “la Corte d’Appello ha inopinatamente aggiunto all’evento costitutivo del disastro eventi rispetto ad esso estranei e ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costitutivi semmai di differenti delitti di lesioni e omicidi”. Lo rileva la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza del processo Eternit, che ha dichiarato prescritto il reato di disastro contestato all’imprenditore svizzero Strephan Schmidheiny. In tal modo, facendo entrare nel reato di disastro ”lesioni e morti”, i giudici d’Appello avrebbero ”abbracciato la tesi che implicherebbe che l’art. 434 del codice penale rende punibile con una pena massima sino a 12 anni la condotta di colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva del disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage”. Una cosa, rileva la Cassazione, “insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contraria al buon senso”.