Al Museo Archeologico l’esposizione dedicata al legame del grande imperatore con la nostra terra. Nel Gran Salone della Meridiana lo pseudo-reperto di un uomo di 40mila anni fa

NAPOLI – In queste settimane a cavallo tra febbraio e marzo, oltre al già ricchissimo patrimonio in allestimento permanente, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli offre al pubblico due mostre molto interessanti e suggestive: “Augusto e la Campania. Da Ottaviano a Divo Augusto (14-2014)” e “Brigataes presenta il più grande artista del mondo”.

La prima delle due, già inaugurata il 19 dicembre scorso, a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, in collaborazione con la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, finanziata dalla Regione Campania (Fondi P.O.R. Campania F.E.S.R. 2007/2013), si articola in undici sale disposte nella galleria al pian terreno e al secondo piano della prestigiosa struttura. In parte già in deposito presso il Museo stesso, in parte prese in prestito dal Centro Caprense “I. Cerio” di Capri e dal Museo Diocesano di Capua, le opere esposte ricostruiscono il legame di Augusto con la Campania felix a partire dalla sua ascesa al potere nel 31 a.C. sino alla morte avvenuta nella dimora paterna, secondo Svetonio apud Nolam nell’agosto del 14 d.C.

 

Accolto all’ingresso dalla maestosa statua dell’imperatore rappresentato come Divus, di sala in sala il visitatore può apprezzare alcuni pregevolissimi reperti: frammenti dei cataloghi agonistici di alcune edizioni dei Sebastà Isolympia, gare ispirate alle Olimpiadi istituite a Neapolis nel 2 a.C. da Augusto e che si svolsero sino al III-IV sec. d.C. in memoria dello stesso imperatore; statue di membri della familia imperiale e della seguente dinastia giulio-claudia; un cratere marmoreo dell’artista greco Salpion raffigurante Dioniso infante consegnato alle Ninfe ed ai Sileni dal dio Hermes, riusato nel XVI secolo come fonte battesimale nella cattedrale di Gaeta; un frammento di pavimento in opus sectile dalla villa del Pausylipon nonché altre testimonianze provenienti da Neapolis e da centri quali Pozzuoli e Cuma, interessati altresì dal passaggio del corteo funebre del princeps da Nola a Roma. Le ultime sale della mostra contengono opere considerabili segni tangibili del lungo dominio augusteo sulla società campana dell’epoca e sulla vita politica delle comunità locali: il visitatore può pertanto riconoscere nelle sculture di Eumachia e di Marco Olconio Rufo, personaggi della Pompei imperiale che finanziarono a proprie spese importanti opere pubbliche, un chiaro intento celebrativo ispirato a quello tributato allo stesso Augusto. Curata attentamente dal comitato scientifico composto da C. Capaldi, T.E. Cinquantaquattro, C. Gasparri e V. Sampaolo (attuale direttrice del Museo), la mostra sarà visitabile sino al 4 maggio.

 

La seconda delle due mostre è stata inaugurata il 6 febbraio scorso al Gran Salone della Meridiana. organizzata dal Servizio Educativo della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, finanziata dalla Fondazione Banco di Napoli e patrocinata dalla Regione Campania, dal Comune di Napoli e dal Museo Madre. Ha per oggetto un finto eccezionale ritrovamento avvenuto nel 1938 presso l’acropoli di Cuma: parti dello scheletro di un gigantesco individuo vissuto circa 40000 anni fa, ossia un cranio, un femore e una mano, ed un enorme manufatto litico dallo stesso forse dipinto. Tali “pseudo-reperti” dovevano essere esposti già al pubblico nel 1939 ma a causa della guerra sarebbero finiti nel dimenticatoio per poi riemergere grazie al rinvenimento da parte del gruppo artistico napoletano Brigataes di un faldone contenente la documentazione di scavo, attualmente riposta in due apposite vetrinette. La proiezione, altresì, di un restaurato filmato d’epoca sul luogo della scoperta contribuisce sicuramente ad accrescere la suggestione di fronte a tale ricostruzione pseudo-archeologica. Il dichiarato intento della mostra, che sarà possibile visitare sino al 9 marzo, è di “suscitare riflessioni sui paradigmi ed i protocolli scientifici, sulla dialettica vero/falso, sul rapporto quantità/qualità, sui meccanismi dell’attribuzione di valore operata dall’istituzione museale. A tutti fornisce una memoria supplementare”.

Angelo Zito

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