Panama Papers, paradisi fiscali per potenti del mondo e vip: così evadevano alla faccia dei poveri

Scandalo che rischia di superare Wikileaks. Milioni di documenti ci sarebbero persone vicine a Putin, Xi Jinping, Poroshenko e Cameron

 

Le rivelazioni sono contenute in milioni di documenti denominati Panama Papers, trapelati da uno studio legale non molto noto, Mossack Fonseca,  con sedi a Miami, Hong Kong, Zurigo e 35 altre località. Un nuovo caso Wikileaks scuote il mondo politico e finanziario. Informazioni di una gigantesca massa di denaro che sarebbe stata dirottata da studi legali internazionali e banche verso paradisi fiscali per conto di criminali, leader politici e funzionari d’intelligence. Fra i beneficiari di questi schemi vi sarebbero persone indicate come vicine al presidente russo Vladimir Putin, familiari del leader cinese Xi Jinping, del presidente ucraino Poroshenko, del re saudita, dei premier di Islanda e Pakistan. Nella lunga lista parenti e persone vicine al presidente siriano Bashar Al Assad, ma anche ai leader deposti dalle primavere arabe come Muammar Gheddafi e l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak. Tra gli altri ci sono i nomi del presidente dell’Argentina Mauricio Macri, di parenti del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev,  il re del Marocco Mohamed VI, e quello dell’Arabia Saudita Salman, aiutati nell’acquisizione di yacht di lusso. Nelle carte anche il calciatore Lionel Messi, l’ex presidente Uefa, Michel Platini, e l’attore cinese Jackie Chan.

I nomi emergono dai documenti passati al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung e da questo condivisi poi con un pool di reporter investigativi di vari media internazionali fra cui i britannici Guardian e Bbc. Per l’Italia l’esclusiva è de L’Espresso. Putin viene ritenuto coinvolto indirettamente attraverso la figura di Sergei Roldugin: un musicista, indicati fra i migliori amici del presidente russo e padrino di una delle sue figlie, che sarebbe il terminale almeno nominale di uno spostamento di due miliardi di dollari partiti da Bank Rossya, un istituto di credito guidato da Yuri Kovalciuk, che gli Usa sostengono essere una sorta di banchiere del Cremlino, indirizzati verso Cipro e il paradiso off-shore delle Isole Vergini Britanniche.

Il Cremlino bolla la vicenda come una montatura. Altri media allargano il caso a personalità dello spettacolo, dello sport e dello show business, accanto a criminali e trafficanti.

Si parla di somme sottratte al fisco da familiari del leader cinese Xi Jinping, dal re dell’Arabia Saudita o da suoi figli, dalla famiglia del presidente filo-occidentale ucraino Poroshenko. Nei documenti anche società che sarebbero riconducibili a 33 sigle o individui inseriti nella lista nera degli Usa, per connessioni con i signori della droga messicani, con organizzazioni definite terroristiche come gli Hezbollah sciiti libanesi e con Stati come Corea del Nord o Iran.

Nelle carte ricorrono i nomi di due grandi istituti di credito italiani come Unicredit e Ubi e di Luca di Montezemolo, di cui l studio Mossack Fonseca avrebbe curato gli interessi.

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