Caserta, caserma dell’esercito usata come piazza di spaccio di cocaina: 4 militari arrestati

Per un quinto indagato scatta il divieto di dimora: al centro dell’inchiesta militari dell’VIII Reggimento Bersaglieri Brigata Garibaldi

Una piazza di spaccio di cocaina all’interno di una caserma dei bersaglieri a Caserta. E’ l’ipotesi della procura di Santa Maria Capua Vetere, che ha chiesto e ottenuto dal gip l’emissione di 5 misure cautelari nei confronti di alcuni militari, che avrebbero ceduto gli stupefacenti a commilitoni. Uno di loro è finito in carcere, tre ai domiciliari, per uno è scattato il divieto di dimora nella provincia di Caserta. I provvedimenti sono stati eseguiti dai carabinieri della compagnia di Maddaloni, guidati dal capitano Pasquale Puca.

 

 

L’INDAGINE – I magistrati ipotizzano un sistema di diffusa corruzione all’interno della struttura militare. Diversi i reati contestati: dalla falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, corruzione, detenzione, offerta e messa in vendita, nonché cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti. Secondo i pm sammaritani, alcuni dei militari indagati spacciavano cocaina e crack all’esterno ma anche all’interno della propria caserma, quella dove sono di stanza i bersaglieri dell’VIII Brigata Garibaldi di Caserta. Sarebbero arrivati a corrompere perfino i commilitoni per alterare i drug test cui venivano sottoposti. L’indagine ruota attorno alle figure del caporal maggiore Luigi Santonastaso, finito in carcere, e della sua compagna Roberta Rossini, anch’essa bersagliere in ferma provvisoria di 4 anni, condotta ai domiciliari come Patrizio Caserta, trasferito da qualche tempo in una caserma di Roma. Caserta, secondo gli inquirenti, aiutava Santonastaso a spacciare la droga, sia in caserma che all’esterno. I bersaglieri-pusher avrebbero corrotto gli altri due militari indagati, Luigi Belvedere, pure lui finito ai domiciliari, e Lello Giove, destinatario del divieto di dimora. Il prezzo della corruzione sarebbe stato denaro o droga. Per gli investigatori Belvedere e Giove, in qualità di assistenti medici, riuscivano a modificare i risultati direttamente nel laboratorio dell’ospedale militare di Caserta. L’alterazione dei risultati sarebbe stata realizzata attraverso una provetta di urina pulita che veniva sostituita a quella originale al momento opportuno approfittando della distrazione o della connivenza del personale sanitario. Sia prima sia dopo i test, sarebber stati frequenti i messaggi che gli indagati si scambiavano su whatsapp. In particolare Santonastaso e la compagna, residenti a Maddaloni, sarebbero stati avvertiti dell’effettuazione del test, che doveva essere a sorpresa, dai due assistenti medici. Le indagini sono iniziate nel febbraio di 2 anni fa, dopo che il caporal maggiore Luigi Santonastaso fu fermato in strada con 7 grammi di cocaina e 10 di mannite, sostanza da taglio. Circostanza che gli valse una denuncia. L’inchiesta proseguì con intercettazioni e pedinamenti. Gli inquirenti contestano una quindicina di cessioni di droga e in almeno due casi la consegna di una tangente in soldi o cocaina del valore di 200 euro agli assistenti medici Luigi Belvedere e Lello Giove.

 

 

I MESSAGGI: “MI SERVE LA PIPI’ PULITA” –  A inguaiare gli indagati alcuni messaggi su whatsapp, scoperti dopo il sequestro dei cellulari. “Mi serve la pipi’ pulita per domani”. “Non preoccuparti te la procuro”. Sono alcuni dei dialoghi tra Roberta Rossini e l’assistente medico Luigi Belvedere. Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno anche individuato altri 4-5 bersaglieri in servizio alla caserma Ferrari Orsi di Caserta, nessuno dei quali consumatore di stupefacente, che si sarebbero prestati a fornire la propria urina pulita. “Potresti farmi un po’ di pipi” si legge in un altro dei messaggi inviati dall’assistente medico ad un commilitone. Tra i soldati “puliti” che avrebbero aiutato i pusher nessuno però avrebbe ricevuto un compenso.

 

 

LO STATO MAGGIORE: “ABBIAMO COLLABORATO ATTIVAMENTE – “Fin dall’inizio delle attività investigative, la Forza Armata ha collaborato attivamente con gli organi inquirenti per fare luce sul reato ipotizzato e sul personale eventualmente coinvolto”. Con una nota lo Stato Maggiore dell’Esercito precisa la posizione del comand militare nell’indagine. I militari sottoposti a misura preventiva di custodia cautelare sono stati immediatamente sospesi dal servizio. Lo Stato Maggiore dell’Esercito ritiene l’episodio “un fatto estremamente grave ed inaccettabile; la Forza Armata è da sempre chiaramente orientata a non tollerare l’uso di droghe e ribadisce la sua intransigenza per tutti coloro i quali ledono la dignità e – aggiunge la nota – la professionalità di tutti i militari dell’Esercito Italiano che quotidianamente e responsabilmente operano in Italia e all’estero, compiendo il proprio dovere anche a rischio della propria incolumità al servizio dei cittadini”.

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