Il sottosegretario alla giustizia: “Più flessibilità sul carcere duro. Perché i principi costituzionali e i diritti umani non sono rinunciabili”
Totò Riina in chat, la videochiamata di Michele Zagaria? Non è uno scherzo: è quanto avrebbe proposto il sottosegretario alla giustizia Gennaro Maggiore, in una visita al carcere dell’Aquila, secondo Il Fatto Quotidiano. Migliore però smentisce: “Ho parlato di soluzioni tecnologiche, come skype, solo per i detenuti comuni”. Tuttavia, nei progetti del governo c’è più flessibilità sul 41-bis. Perché “i principi costituzionali e i diritti umani non sono rinunciabili. Bisogna riconsiderare – sostiene Migliore – gli aspetti solo afflittivi. E in generale pensiamo anche ad alcune innovazioni tecnologiche, come ad esempio l’uso di Skype al posto della scheda telefonica, lì dove è possibile, e che debba esserci anche una maggiore collaborazione con le università e le scuole per chi desidera formarsi”.
MIGLIORE: “MAI PARLATO DI SKYPE PER IL 41 BIS” – “Sbatti il falso in prima pagina. Stamattina mi sveglio e, alla lettura dei giornali, mi vedo sbattuto in prima pagina del Fatto quotidiano. Il titolo, indegno. a nove colonne mi attribuisce la volontà di ‘dare Skype ai mafiosi”. Su Facebook arriva una lunga smentita di Migliore all’articolo che gli attribuisce la volontà concedere strumenti di comunicazione 2.0 anche ai mafiosi al carcere duro. “Premetto che non ho mai, ovviamente, detto una simile assurdità. La finalità del 41bis è precisamente quella di impedire – scrive il sottosegretario – ogni comunicazione con l’esterno ai più pericolosi criminali, quelli che hanno ricevuto condanne pesanti per mafia e terrorismo. Già ieri, dopo un improbabile comunicato del M5S in cui venivo attaccato pretestuosamente, ho risposto con un comunicato molto netto nel quale ribadivo la posizione mia e del governo, impegnati da sempre e oggi ancora con maggiore vigore nella lotta alla mafia”.
“Nella mia intervista a seguito della visita del carcere de L’Aquila – afferma Migliore – ho parlato ovviamente del regime del 41bis, ribadendo il fatto che esso sia uno strumento indispensabile dell’esecuzione penale. Ho anche ribadito, e lo rivendico con convinzione, che l’applicazione rigorosa del 41bis deve avvenire in un contesto di rispetto dei diritti costituzionali e dei diritti umani. Ne sono convinto e questa è la posizione emersa anche dagli stati generali dell’esecuzione penale, dalle dichiarazioni delle massime autorità dello stato. Ma è forse proprio questo il “delitto” per il Fatto e per il M5S, che considerano il rispetto dei diritti umani dei “pretesti” quando non addirittura dei “favori ai mafiosi”. Tuttavia – prosegue – nell’articolo de il Centro (giornale abruzzese che riportava un resoconto della visita) era riportata una mia frase sull’uso di skype che, se ci fosse stata buona fede fa parte del Fatto, sarebbe stata chiarita dalla mia precisazione, ovvero che quella parte del discorso era ovviamente riferita ai detenuti cosiddetti “comuni” (per altro presenti anche nel carcere dell’Aquila), al punto tale che ho fatto gli esempi di carceri dove questa opzione è attiva, come Bollate”.
ASSOCIAZIONE VITTIME GEORGOFILI: “41 BIS SI MIGLIORA SOLO SE PIU’ DURO” – “Puntuali come orologi svizzeri i garantisti usano il sole estivo per attaccare il 41 bis”. Sulle parole del sottosegretario piovono gli strali di Giovanna Maggini Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. “Il sottosegretario Migliore infatti ha detto: Pronti a ridefinire alcuni aspetti del 41 bis. Di quale 41 bis parla – afferma una nota – l’uomo di governo del Pd, di quel “41 bis” inflitto ai mafiosi i quali il 27 Maggio 1993 hanno innescato 277 di tritolo in via dei Georgofili a Firenze, e per il qual 41 bis da annullare o migliorare alla mafia i nostri figli sono morti? Se si, non staremo a guardare alla finestra scenderemo in Piazza, perché se c’è da fare una cosa per il “miglioramento” del “41 bis” è sicuramente renderlo più “duro”, togliendo ai mafiosi la possibilità di passare a regimi di carcere normale”.