Da Reggio a Capua, alla riscoperta della via Annia Popilia

Il volume che ricostruisce l’antico itinerario romano è stato presentato alla Biblioteca Pagliara dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli

“Adottiamo la Via Annia Popilia”: questo il titolo di un progetto di studio condotto negli ultimi due anni da un’equipe formata da 50 Lions Club dell’Italia meridionale, esponenti del mondo accademico italiano e ragazzi di scuole medie e superiori di tre regioni (Campania, Basilicata e Calabria) ed i cui risultati sono stati redatti in un volume presentato nel pomeriggio odierno presso la Biblioteca Pagliara dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli.

“La via ab Regio ad Capuam” non costituisce solo un compendio di informazioni riguardanti l’antica strada romana che, iniziata nel 132 a.C. sotto il consolato di Publio Popilio Lenate e terminata dal suo successore, Tito Annio Lusco, collegava le città di Capua e Reggio, bensì un punto di partenza per la promozione delle aree interessate dal suo passaggio:” Il progetto è stato rivolto principalmente ai giovani al fine di stimolarne il senso di radicamento e di appartenenza verso la propria terra attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale in modo sostenibile  – ha esordito Rosa Anna Genovese, docente del Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II, tra gli organizzatori dell’iniziativa –  Il volume che oggi presentiamo possa fungere da “scatto morale” per lo Stato, le Università, le imprese e le associazioni nel favorire un turismo culturale delle aree interne della Campania, della Basilicata e della Calabria”.

Mario Losasso, anch’egli membro del Dipartimento di Architettura della Federico II, ha enfatizzato la rinnovata funzione che possono avere tali antichi itinerari:” La via Popilia e le altre strade costruite dai Romani servivano a collegare città e luoghi lontani; nel mondo di oggi, invece, devono diventare inerzie del territorio, elementi di attrazione. Ricordando le parole del ministro Barca, le aree interne in Italia soffrono purtroppo di un grave deficit cognitivo, ovvero di esse si sa poco e nulla. Nel tentativo di risolvere questo problema sta dunque il merito del  volume nel quale architettura, archeologia, paesaggistica, arte e turismo sono messi a sistema. Come già accaduto per la via Francigena – ha chiosato Losasso – l’auspicio è di stimolare, a partire da questa esperienza, una collaborazione tra pubblico e privato dalla quale possano scaturire a loro volta nuove cooperative e forme di attività economica”.

Tra i supervisori e promotori del progetto anche Antonio De Simone, archeologo e docente dell’Università Suor Orsola Benincasa il quale ha indicato le finalità del libro in rapporto all’attuale politica di gestione dei beni culturali: “Il testo non può essere definito come un saggio archeologico in quanto le esigenze sottese a questo studio sono diverse. L’obiettivo è di valorizzare adeguatamente quello che può essere erroneamente considerato un bene minore. In Italia a causa dei lavori per alcune moderne infrastrutture stiamo perdendo un grande patrimonio che è alla base della nostra identità – ha rimarcato l’archeologo riferendosi ai danni provocati dall’ormai frequente costruzione di raccordi autostradali e linee ferroviarie ad alta velocità –  Edicole votive, limiti centuriali ed altre evidenze rinvenute lungo la Popilia ed altre viae hanno dunque un grandissimo valore, più del Museo Archeologico di Napoli e di Pompei che è un caso limite. Per attuare un’adeguata politica di tutela – ha concluso De Simone – è assolutamente necessario prima conoscere e valorizzare, ovvero far sì che tutti, attraverso strumenti chiari di divulgazione, possano riconoscere il valore che è alla base dei nostri monumenti ”.

“La via ab Regio ad Capuam”, la cui stesura è stata coordinata da Liliana Caruso, si articola in sezioni tematiche. Dall’origine del progetto, ispirato dal noto Lapis Pollae (l’iscrizione di questo cippo ha dato il titolo al volume) ed improntato al concetto di sviluppo sostenibile, si passa ad una nitida analisi archeologica dell’antico itinerario corredata da importanti supporti cartografici. Ad una digressione sulla geomorfologia dei territori interessati segue poi il censimento dei beni materiali e immateriali legati in qualche modo alla via: dunque, non solo tombe e cippi ma anche indicazioni riguardanti, ad esempio, percorsi eno-gastronomici locali che possano stuzzicare la curiosità del viaggiatore. A conclusione del testo le ragioni alla base di un concorso per la creazione di uno specifico brand turistico che ha coinvolto numerosi istituti scolastici della Campania, della Basilicata e della Calabria.
Angelo  Zito

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