Maradona senza maschere: il film capolavoro sul dolore dietro il mito

Presentato in anteprima a Napoli il documentario di Asif Kapadia sulla vita del pibe de oro: estasi mistica e autodistruzione, in uno straordinario racconto in prima persona

Il film più bello e più amaro su Diego Maradona, in un alternarsi di mistica esaltazione e autodistruzione. Al Modernissimo di Napoli va in scena l’anteprima di “Diego Maradona. Ribelle. Eroe. Sfrontato. Dio”. Il docufilm del regista Asif Kapadia, premio oscar per Amy, dedicato alla popstar Winehouse, e autore del lungometraggio su Ayrton Senna. Nelle sale italiane sarà proiettato dal 23 al 25 settembre. E poi si vedrà, il destino è un mistero. Proprio come Maradona, divinità dei terreni di gioco, uomo fragile fuori. Ma sempre capace di improvvise resurrezioni. Quello di Kapadia è il Maradona più vero, più struggente. Il Dieguito che si mostra oltre il mito, senza più reticenze. Un ritratto doloroso, una catarsi volontaria, ad alto impatto emozionale. C’è tutto il pibe de oro, dalla culla ad oggi, senza censure sulle cadute all’inferno e ritorno. Le promesse, i tradimenti. La droga e la camorra. L’arresto e il manicomio. E poi certo: le gesta sovrannaturali sul campo, l’estasi di milioni di adoratori. Tutto in eccesso. Tutto e il suo contrario, dribblando le mezze misure. Perché Maradona è come Napoli, ed il loro destino era di incontrarsi, amarsi, anche maledirsi. Ma senza spezzare mai un legame profondo. Lo dice il regista, incontrando la stampa. E se lo ripete chi guarda lo schermo. Sono due ore e dieci da groppo in gola, ricercato dal regista, deglutito lentamente dagli spettatori. Molte le immagini inedite: pare incredibile, su Maradona c’è ancora da vedere. Sullo schermo non scorre, però, il mito della finzione divistica, l’immagine riflessa di un diamante. Sono in due: c’è Diego e c’è Maradona, nella scissione drammatica di un genio irrisolto. Vuole spiegarlo Fernando Signorini, il preparatore delle grandi imprese maradoniane, che lo conosce meglio di tutti. Lo ha allenato, lo ha studiato, lo ha scoperto. E guardandogli dentro ha visto doppio: l’ombra spaurita di Diego, “un ragazzo con delle insicurezze”; l’eroe tragico Maradona, “uno che non può permettersi debolezze”. Due vite in una, a rincorrersi a mille all’ora. Un’apnea senza fine, iniziata a 15 anni. Quando Diego “ha smesso di essere un ragazzino” ricorda la sorella Maria, per “mantenere tutta la famiglia”. La vita ha provato ad affogarlo, talvolta lui s’è fatto trascinare dalla corrente, sfiancato. Adesso, alle soglie dei sessanta, tenta di rimettere la testa fuori dall’acqua. Adios Maradona, bienvenido Diego.

Gianmaria Roberti

 

 

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