La vita tra orrore e fanatica fedeltà: Eva Braun finisce sul palcoscenico

Al Museo del Sottosuolo di Napoli lo spettacolo itinerante scritto da Riccardo Citro

NAPOLI – “Sono felice?” E’ questa la frase più emblematica trovata nel diario privato di Eva Braun , compagna del dittatore tedesco Adolf Hitler per più di dieci anni: uno spettacolo, tenutosi al Museo del Sottosuolo di Piazza Cavour a Napoli nel pomeriggio di domenica 10 gennaio e curato dalle associazioni NonsoloArt e Progetto Buone Idee, ha inteso ricostruirne in modo suggestivo la vita.
Nata a Monaco di Baviera nel 1912 ed educata dalla madre secondo i principi della religione cattolica, Eva Braun conosce Hitler nel 1929 ricoprendo la mansione di commessa del suo fotografo personale, finendo così per diventarne la fidanzata tre anni dopo. La sua esperienza amorosa appare caratterizzata sin da subito dal contrasto tra la fascinazione verso un uomo “di una certa età e dai buffi baffetti” ma dalla grandissima autorità, e il naturale orrore provato di fronte ad alcune sue idee ed azioni: dallo sterminio degli ebrei, in realtà motivato solo apparentemente dall’esaltazione della razza ariana ed invece finalizzato a distruggere una potente casta della società tedesca dell’epoca, all’altrettanto pilotata eliminazione di storpi, epilettici e altri innocenti pazienti le cui cure avrebbero rappresentato una spesa eccessiva per la sanità del Reich. Tale ambiguità emotiva mette paura alla povera Eva la quale, avendo già tentato di suicidarsi con alcuni sonniferi, ha costantemente dinanzi a sé lo spirito del bene e della vita, chiamato Anna (ovvero il suo secondo nome) che le consiglia di fuggire dal suo terribile compagno, e quello del male e della morte, Paula (ovvero il suo terzo nome), che invece la induce a restare con lui e che alla fine della vicenda prevale. Negli anni di reclusione nel Berghof, la residenza privata di Hitler, una relazione adulterina con un’artista viennese di nome Kart riesce a darle alcuni momenti di pace, anche se di durata molto breve; la sua scoperta da parte del Fuhrer ha come conseguenza, infatti, l’uccisione dello stesso amante e quindi un ulteriore peso su una coscienza già abbastanza tormentata. Spinta da un moto interiore che sa più di doverosa riverenza piuttosto che di sincero amore (uno degli ultimi diktat del suo compagno, ormai sofferente, sarebbe stata una gravidanza per dare al Reich un erede “rigorosamente maschio”), nel 1945, allor quando i russi sono alle porte di Berlino per mettere la parola fine al regime nazista, Eva lascia la sua casa di Monaco per raggiungere Adolf dentro un bunker della capitale e sposarlo con la speranza di fare un viaggio a Firenze, città da lei tanto adorata; in realtà, il loro matrimonio, durato appena un giorno (dal pomeriggio del 29 a quello del seguente 30 aprile 1945) si tramuta in una breve e tragica attesa della morte che contraggono insieme suicidandosi.
Scritto da Riccardo Citro, che si è cimentato coraggiosamente nel ruolo del Fuhrer, lo spettacolo itinerante “Eva Braun” ha raccolto senza dubbio il consenso del pubblico: estremamente accurati, nonché  fedeli alla realtà storica rappresentata i costumi indossati dagli attori, come ad esempio l’abito di seta nera indossato dalla protagonista, ben interpretata da Roberta Astuti, nel giorno delle nozze e le divise del dittatore e del suo medico di corte, Teo Morel. Di grande impatto, inoltre, il contesto scelto per la rappresentazione: le cavità di tufo oggi ospitanti il Museo del Sottosuolo, per diversi secoli utilizzate come cisterne ma soprattutto luogo di rifugio dai bombardamenti per tantissimi napoletani negli anni in cui Adolf Hitler, nelle pause dalla sua politica imperialista, visse la sua storia con Eva.

Angelo Zito

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