Il nuovo disco del cantautore campano: un’immersione di suoni in un’atmosfera di quiete e delicatezza

NAPOLI – Lui è Gerardo Attanasio, classe’83, campano. Una chitarra e la sua voglia di scrivere e raccontare le sue storie. “I canti dell’ontano” il suo ultimo lavoro, datato 2014 prodotto da “Monopattino Studio di Sorrento”. Ma lui, Gerardo, scrive canzoni da quando aveva tredici anni, nel lontano ’96. Da li in poi nel corso della sua crescita ha dato vita a numerose band, crescendo e maturando, ricercando sempre sonorità e influenze che potessero arricchirlo. Cosa che poi ci porta ad oggi.

La premessa al suo nuovo album è “Vivere Lento”, autoprodotto nel 2009. Con questo il suo CV si arricchisce e non di poco. Dal classificarsi secondo al “Cremano Unplugged” dello stesso anno alla partecipazione di Sanremo Off 2010 (dopo l’ottenimento della targa Siae come miglior composizione al Premio Pigro 2009 in memoria di Ivan Graziani). Giungiamo ai “Canti dell’Ontano”. Il nome scelto per il progetto sembra non cadere a caso.

È un’immersione in un mondo naturale, di suoni, tra aria, vento e acqua che ben riesce. Basta solo stendersi e tutto viene percepito. L’accortezza alle sonorità è ben disposta, e il lavoro svolto ne comprova l’effetto. Il viaggio in questa foresta sa di quiete e delicatezza. È una continua confessione dove Attanasio parla e racconta, e per meglio dire, si racconta. Si racconta in queste sue dodici tracce. Si parte con il volo de “Goofus bird”, per poi passare alla ballata intimistica de “Fortuna e pioggia”, si viaggia ancora con il vento “Mistral” e si diventa tronco, albero e quindi natura con “Duramen” (parte più interna, più vecchia del tronco degli alberi, chiamata anche durame). Vi è l’elogio alla parte meno umana di ognuno di noi in “L’istinto” e il viaggio del “Notturno”.

Così si giunge agli “Champs Elisées”, i Campi Elisi, dove “nuota nel freddo ignaro che screzia il sogno con le tue mani sepolte a lungo”. Il dialogo con Attanasio si conclude con “Umor vitreo” in un forte crescendo di suoni multietnici e voci sovrapposte. Un lavoro che mostra maturità e maggiore consapevolezza. Grande differenza da “Vivere lento” che pure presenta tracce forti come “La rivoluzione” e la poetica “La petite promenade du poete”. Tracce che si inseriscono ancora nella sua ricerca di suoni e motivi, con disparate sperimentazioni. Giunte ad un buon punto ne “I canti dell’Ontano”.

Vincenzo Perfetti

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