Braucci: “Con Arrevuoto per ridare a Napoli la fiducia nel prossimo”

Il progetto partenopeo di teatro e pedagogia è arrivato alla XII° edizione con lo spettacolo “Il suicida”, lavoro che ha visto la connessione di 180 ragazzi in scena

Il progetto partenopeo di teatro e pedagogia è arrivato alla XII° edizione con lo spettacolo “Il suicida”, lavoro che ha visto la connessione di 180 ragazzi in scena. Questo weekend si è sprigionata un’unica energia dall’auditorium di Scampia venerdì al teatro San Ferdinando sabato e domenica.
Arrevuoto nasce dalla messa in relazione della periferia con il centro, delle tante e sinergiche realtà sociali di Scampia con l’istituzione del Teatro Stabile di Napoli. Ogni anno si tratta di un movimento, un percorso laboratoriale, di cui non è importante la meta, bensì il viaggio per il quale partono assieme sempre più giovani di diverse provenienze, dalle scuole di classe medio alta ai campi rom. L’uno entra nella realtà dell’altro ed il risultato di questa connessione, al di là dello spettacolo in sé, è sempre un’emozionante armonia, ormai diventata un metodo educativo di riferimento ed ispirazione. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Maurizio Braucci. “Vogliamo aggredire la cultura dell’egocentrismo incoraggiando il dialogo tra le diversità, il nostro motto è “Only Connect” (da Shakespeare): quando la scuola di periferia visita quella del centro e viceversa si dissipano tanti pregiudizi, la relazione apre nuove opportunità. Il proverbio che ha rovinato il sud invece è ‘cà nisciun è fesso’ poiché equivale a dire che non puoi fidarti di nessuno, questo scoraggia l’aggregazione ma anche la consapevolezza. Non fidarsi di nessuno vuol dire non fidarsi di se stessi, non conoscere i propri diritti, condizione che alimenta la logica degli oppressi e favorisce i pochi al potere”.
A tal proposito, riguardo la scelta tematica dello spettacolo di quest’anno, “Il suicida” del russo Nikolaj Ėrdman, ci soffermiamo non tanto sul trarre vantaggio dalle disgrazie altrui, speculazione molto ben rappresentata in chiave farsesca e oggi molto attuale, ma sul sottotitolo “chi trova un disgraziato trova un tesoro”.

“Questa è una frase di De Filippo, d’altronde ci troviamo nel suo teatro (San Ferdinando), il messaggio è: per non essere delle pedine al servizio dei potenti bisogna creare democrazia, quella vera incoraggia, rende meno “disgraziati” e quindi meno manipolabili, vogliamo strappare delle vite ad un esistenza massiva tramite la cultura. Ci serviamo della potenza del teatro, strumento che insegna quando è il momento di parlare (diritti) e quando di tacere (doveri), fare teatro significa fidarsi degli altri e di se stessi”.
Avete costruito una comunità, come si insegna a far prevalere il collettivo sull’individuale, sul leader ? Cosa ne pensa del cospirazionismo?
“Abbiamo imparato facendo, è stato il tempo ad aiutarci ad invertire la tendenza dell’isolazionismo. Arrevuoto è un percorso di recupero anche per i teatranti, e per chiunque dia il suo contributo, ci mettiamo in gioco noi in primis, tant’è che anche la regia è collettiva (10 registi teatrali e 2 musicali). La direzione che abbiamo scelto è la rinuncia all’estetica, i ragazzi non sono attori, sono persone che hanno il diritto di crescere avendo accesso a più linguaggi, più strumenti. Quelli che hanno cominciato questo percorso già da anni ci aiutano moltissimo, sono entrati nella mentalità, siamo tutti leader, l’importante è che questa leadership sia sempre discutibile, democratica, facendo gioco di squadra la palla ce la passiamo. Il cospirazionismo solleva dalle responsabilità, questa tesi, lo diceva Pasolini, è molto comoda: è facile dare la colpa a qualcun altro che manipola sempre tutto dall’alto, secondo questo modo di pensare non c’è alcuna speranza. Nella mia esperienza invece ho potuto vedere che la vita non avrebbe senso senza credere e portare avanti i propri ideali, che possiamo fare arrenderci o diventare anche noi squali? Ci dobbiamo fidare, siamo vivi”.

Federica Frascogna

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