M5s, Liberi e Uguali contro il Jobs Act e i licenziamenti facili: basta ingiustizie sul lavoro

 L’occupazione non si produce rendendo più facile la possibilità di licenziare e di mettere ai margini chi è già debole nel rapporto con l’impresa.

Finalmente si torna a discutere sull’ abolizione del Jobs act e il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto contro i licenziamenti ingiusti e la schiavitù sui posti di lavoro. “Al tavolo della verifica di governo dovremo trovare il coraggio di correggere radicalmente gli errori commessi sul mercato del lavoro. L’idea che comprimere i diritti dei lavoratori aiuti il Paese a crescere è sbagliata e dobbiamo dirlo, definitivamente” e dunque “serve una profonda re revisione del Jobs act”. E’ quanto afferma il ministro della Salute Roberto Speranza in una intervista al Corriere della Sera. “Chiederemo garanzie a partire dalla disciplina sui licenziamenti collettivi – ha aggiunto il ministro – su cui i giudici di Milano e Napoli hanno già rinviato alla Corte di Giustizia europea”. Renzi non sarà contento… “Renzi chiede di rivedere reddito e quota 100 e i 5 Stelle non sono contenti. Io chiedo di rivedere il Jobs act. Non siamo un governo monocolore“. Inoltre “se per il Pd il lavoro è al primo posto concorderà che per far ripartire l’Italia servono più diritti non meno”. La verifica? “Preferisco parlare di rilancio comunque – conclude – Comunque nel mese di gennaio questo momento di confronto vero va affrontato“. Sulla stessa lunghezza d’onda di Speranza, il Movimento 5 Stelle. “Il Jobs act È stato un provvedimento sbagliato che abbiamo già cominciato a smontare con il Decreto Dignità – ha sottolineato Michele Gubitosa, deputato pentastellato e membro delle Commissioni Bilancio e Difesa della Camera – E i risultati si sono visti subito con un boom di stabilizzazioni. Dobbiamo fare di più: è arrivato il momento di tagliare il cuneo fiscale anche a favore delle piccole e medie imprese che rappresentano l’ossatura economica del nostro Paese. Sono certo che farà parte della discussione sulla nuova piattaforma programmatica”. Il Jobs Act, la legge approvata dal governo di Matteo Renzi ha aggiunto ferocia a ferocia contro i lavoratori e le lavoratrici, non ha risolto uno solo dei problemi produttivi delle imprese, soprattutto di quelle più piccole che non hanno mai avuto l’articolo 18, ma che sono in crisi più delle grandi. Il Jobs Act concede alle imprese libertà di spionaggio sui dipendenti, con telecamere e quant’altro. E questa violazione elementare dei diritti della persona viene da quegli stessi politici che si indignano di fronte a intercettazioni telefoniche della magistratura quando toccano loro o le loro amicizie. Con il demansionamento si afferma la licenza di degradare il lavoratore dopo una vita di fatiche per migliorarsi. E questo lo sostengono coloro che ogni secondo sproloquiano sulla necessità di premiare il merito. Lo smantellamento del’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori ha cancellato con un colpo di spugna il diritto alla reintegrazione in tutte le ipotesi di licenziamento illegittimo per i dipendenti di datori di lavoro con più di 15 dipendenti. È venuta così meno, dopo più di quaranta anni di applicazione, la norma motivatamente definita “il diritto dei diritti”, che aveva presidiato la dignità nei luoghi di lavoro, con efficacia dissuasiva nei confronti di possibili abusi: il datore non poteva approfittare eccessivamente dei poteri a lui attribuiti, dovendo ragionevolmente attendersi che, a fronte di Un’ interruzione del rapporto di lavoro in violazione di legge, un giudice avrebbe ripristinato la situazione di legittimità. Con il Jobs Act il Governo di Matteo Renzi ha rassicurato ancora di più i datori di lavoro: per i cosiddetti contratti “a tutele crescenti”, applicabili a tutti gli assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015, in caso di licenziamento illegittimo viene imposto al giudice di applicare la regola (con veramente scarse eccezioni) di un indennizzo economico fisso e basso. Il ripristino del reintegro contro l’ingiusto licenziamento, ex Art.18 dello Statuto dei lavoratori, è una battaglia per ripristinare il valore del lavoro. Dalla cancellazione dell’art. 18 i licenziamenti sono aumentati rafforzando la precarietà e generando insicurezza sociale.

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