Lavoro nero, nuovo allarme Campania

Il sommerso incide per l’8,8% sul pil regionale: solo la Calabria fa peggio. I lavoratori irregolari sono 382.900

Per la Campania suona un nuovo allarme lavoro nero. La regione è la seconda nel paese per incidenza del fenomeno sul pil regionale. I dati – relativi al 2015, ultimo anno disponibile – sono della Cgia di Mestre e stimano in 3,3 milioni i lavoratori al nero in Italia. In Campania sono 382.900: il valore aggiunto prodotto è di 8,1 miliardi di euro, per un’evasione fiscale pari a 4,4 miliardi. La ricerca colloca la regione al terzo posto in Italia per impieghi irregolari e gettito evaso, dopo Lombardia (484.700 persone, evasi 6,9 miliardi) e Lazio (411.700 persone, evasi 4,9 miliardi). Ma le cifre preoccupanti sono altre. Perché il pil del sommerso campano pesa su quello ufficiale per l’8,8%. Percentuale inferiore sola alla Calabria, considerata la regione più a rischio con 146 mila lavoratori al nero e un’incidenza sul pil regionale del 9,9%. Un risultato quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,2%), tradotto in quasi 1,6 miliardi di mancate entrate per lo Stato. Segue un’altra regione del sud, la Sicilia, dove troviamo 312.600 irregolari e un peso dell’economia al nero dell’ 8,1%. Il territorio meno interessato dalla presenza dell’economia sommersa
è il Veneto: i 199.400 lavoratori in nero “causano” 5,2 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso (pari al 3,8 per cento del Pil regionale), sottraendo al fisco quasi 2,9 miliardi di euro. In Italia l’erario perde ogni anno 42,6 miliardi a causa del lavoro sommerso, oltre il 40% dell’evasione di imposta annua stimata dai tecnici del ministero dell’Economia. E sono 77,3 i miliardi di fatturato in nero, generati ogni anno dall’esercito di irregolari. Un popolo di invisibili senza diritti, che ogni giorno va nei campi, nei cantieri, nei capannoni o nelle case per prestare la propria opera.

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