Arriva la legge contro le false buste paga

Previste pesanti sanzioni pecuniarie  per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi

Finalmente saranno attivate iniziative e perseguiti a norme di legge i datori di lavoro che corrispondono ai lavoratori  buste paga false ovvero retribuzioni inferiori ai minimi fissati dai contratti nazionali di lavoro, pur facendo firmare al lavoratore una busta paga dalla quale risulta una retribuzione all’apparenza regolare. Una prassi deprecabile che rappresenta un grave danno per i lavoratori  lesi nella loro dignità e nel diritto a una giusta retribuzione, in violazione degli articoli 1, 35 e, soprattutto, 36 della Costituzione mentre – al contrario, la corresponsione di una retribuzione inferiore si risolve in un vantaggio illecito per il datore di lavoro.

Pronto un disegno di legge, prime firmatarie le parlamentari Titti Di Salvo e Valentina Paris che questa settimana è all’esame della commissione lavoro della Camera.

Proposta l’introduzione di un meccanismo antielusivo  che renderà obbligatorio il pagamento degli stipendi attraverso gli istituti bancari o gli uffici postali, con pesanti sanzioni, che possono arrivare fino a 50mila euro, per chi non rispetta gli obblighi previsti.

La scelta del sistema di pagamento è rimessa direttamente al lavoratore, il quale potrà optare per l’accredito diretto sul proprio conto corrente, per l’emissione di un assegno  oppure per il pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale.

Il provvedimento fissa l’obbligo per il datore di lavoro, al momento dell’assunzione, di comunicare al centro per l’impiego competente gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che provvederà al pagamento delle retribuzioni al lavoratore, nel rispetto delle norme sulla privacy.

La comunicazione, per evitare di attribuire nuovi oneri burocratici ai datori, sarà inserita nello stesso modulo che gli stessi inviano obbligatoriamente al centro per l’impiego quando effettuano nuove assunzioni. La modulistica, quindi, dovrà essere opportunamente modificata (dai centri per l’impiego) entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge per permettere l’invio corretto della comunicazione anche in modalità telematica.

Allo stesso modo, l’ordine di pagamento potrà essere annullato soltanto trasmettendo alla banca o alle poste copia della lettera di licenziamento o delle dimissioni del lavoratore, rese secondo le modalità di legge, fermo restando l’obbligo di effettuare tutti i pagamenti dovuti al lavoratore dopo la risoluzione del rapporto di lavoro.

Analogamente, il datore di lavoro o committente che trasferisce l’ordine di pagamento a un altro istituto bancario o ufficio postale è tenuto a darne comunicazione scritta, tempestiva e obbligatoria, al lavoratore. Il trasferimento dell’ordine di pagamento non può comunque comportare ritardi nel pagamento della retribuzione.

Si stabilisce, inoltre, che la firma della busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

Previste pesanti sanzioni pecuniarie (da 5mila a 50mila euro) per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi introdotti dalla legge.

Chi non comunica al centro per l’impiego competente per territorio gli estremi dell’istituto bancario o dell’ufficio postale che effettuerà il pagamento delle retribuzioni è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria di 500 euro e al successivo accertamento della direzione provinciale del lavoro, che procederà alle conseguenti verifiche.

                                                                                                                                          Ciro Crescentini

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