L’imprenditrice-blogger e i luoghi comuni: “Napoli capitale del falso? È solo 16esima”

Ornella Auzino ha una lunga esperienza nella produzione delle borse di alta qualità. Dal suo blog spiega come distinguere un prodotto originale da uno contraffatto. E nella sua autobiografia racconta perché non bisogna lasciare questa città, a dispetto di quanto dicono tanti

Imprenditrice, consulente d’azienda e manager, ma soprattutto pellettiera, perché le radici non si dimenticano. Ornella Auzino, 38 anni, napoletana, è una donna di successo a dispetto di una città spesso matrigna. Nonostante la giovane età, ha maturato una lunga esperienza nella produzione delle borse di alta qualità. Produce infatti per marchi italiani ed esteri nel rigoroso rispetto del Made in Italy, anzi del “Fatto a Napoli”, «perché – dice – molti dimenticano che Napoli crea lusso grazie ai suoi eccellenti artigiani». Purtroppo la città affonda sotto il peso dei luoghi comuni e quindi è più facile che emergano i soliti fatti di cronaca.

Tuttavia, la sfida di fare impresa in Campania l’ha vinta nonostante gli inizi durissimi. “Qualcuno mi considera un’eroina, ma io rifuggo dalle enfatizzazioni, il problema è che non si riesce a dare un’immagine positiva a questa terra, anche perché se è vero che vantiamo un polo produttivo del lusso, è altrettanto vero che paghiamo la devastante abilità dei falsificatori. Eppure – aggiunge la Auzino – si ignora che non è Napoli la capitale della contraffazione in Italia, ma ci sono ben quindici città che la precedono in questa particolare classifica”.

La Auzino dirige un’azienda che si confronta sui mercati globali, attenta sia alla qualità della lavorazione sia alle condizioni professionali dei dipendenti. “Combatto con determinazione le difficoltà del contesto sociale e i vincoli di una burocrazia farraginosa, perché voglio contribuire allo sviluppo della mia terra e a diffondere la qualità di nostri prodotti. Viviamo un momento storico positivo, altrove manodopera qualificata come la nostra manca, per questo dobbiamo sforzarci di reggere le dinamiche del mercato e di proporci come produttori di qualità”.

Da giovane si vedeva lontano dalla fabbrica, pensava ad altro, ma il futuro da imprenditrice si materializzò con la pesante congiuntura economica del 2008. La crisi mordeva e anche l’azienda di famiglia ne risentì al punto che gli Auzino pensavano di chiudere. “Mio padre mi chiese di dare una mano e io accettai pur avendo altre aspirazioni. E’ stato difficile, perché era un settore dominato dal maschilismo e dai pregiudizi. Alle fiere era impensabile negoziare con una donna, per giunta reputata inesperta. Ma non ho mai pensato di sottostare a certe regole, anzi con l’espansione di internet ho cambiato marcia e ho cominciato e presentare l’azienda in rete. Ho chiesto ai miei interlocutori la possibilità di visionare i nostri prodotti e capire se fossero adatti ai loro standard. Adesso abbiamo clienti in tutta Italia. Ho imparato da questa esperienza che bisogna rischiare in prima persona e metterci la faccia”.

L’ascesa del suo marchio dimostra come sia stato possibile ridare alla pelletteria napoletana quella credibilità che il malaffare della contraffazione ha offuscato per anni. Anche per questo, Ornella Auzino ha lanciato un blog nel quale spiega come riconoscere dai dettagli una borsa originale e individuare le caratteristiche di una “buona” imitazione. Di recente il racconto della sua vita da imprenditrice è diventata un libro-denuncia, dal titolo “Le mie borse, come valorizzare Napoli facendo l’imprenditrice quando tutti ti dicono di andare via”. Dentro questo volume c’è la storia di una donna che ha ereditato l’azienda del papà, l’ha organizzata secondo moderni criteri di gestione e quando qualcuno le ha consigliato di andare via ha deciso, al contrario, di restare accettando una sfida coraggiosa. Per vincerla.

G.P.

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