Se il bullo nel metrò incontra la sua prof durante un raid

La riflessione della docente Maria Teresa Cudemo, presente durante la scorribanda di una baby gang che ieri ha provocato lo stop della linea 1 della Metropolitana di Napoli

Ero in quella metro ieri sera, ero in quei vagoni. Sono dunque testimone oculare di quanto è accaduto. E vorrei offrire anche qualche spunto di riflessione in più, guardando il tutto da un’angolazione diversa. L’angolazione di un’insegnante (io, appunto) che nel ‘branco’ ha riconosciuto M., un suo ex alunno, sulla banchina, fermata Toledo, durante l’attesa del treno. Me lo sono chiamato di proposito. Baci, abbracci, conversazione surreale visto il contesto e il rumore di fondo (“che stai facendo? stai continuando a studiare? Perché i tuoi amici stanno facendo tanta confusione? Su ragazzi, comportatevi bene”. “Professoré tutt’appost stanno solo facend ‘e sciem.”). Lui effettivamente era tranquillo, gli altri, accompagnati dalle rispettive ragazzine, rumoreggiavano e non offrivano di certo un spettacolo piacevole. Parte il treno, inizia il gioco insulso di cambiare vagone tra una fermata e l’altra, urlando e giocando a fare i bulletti. Mi ritrovo M. nel mio vagone, stavolta accompagnato da un amico, fumante di rabbia perché un altro ragazzo aveva osato offendere la ragazza e meditava vendetta, però al tempo stesso voleva evitare di trascendere. Mi raccontano cose…M. gioca a calcio addirittura in serie C, nelle giovanili (avrà al massimo 16 anni) e quindi non fuma ‘sennò il mister si arrabbia’, l’altro, quello arrabbiato, dice che lui fa boxe e kickboxing ‘così mi sfogo’. Continuo a chiacchierare con loro, a provare in una manciata di minuti a far capire che a fare gli scemi in metro non ci si guadagna nulla, anzi si rischia di passare guai seri. Intanto tra una sosta e l’altra la vigilanza in qualche modo interviene, ma loro sono tanti e il branco è difficile da controllare, purtroppo. C’è il problema di dover vendicare l’affronto alla ragazzina, quindi prevedo ulteriori problemi tra le fermate. Arriva la mia, devo scendere. Ancora baci e abbracci con M., e un magone al pensiero che per alcuni adolescenti questo tipo di ‘giochi’ rappresenta la ciliegina sulla torta dopo aver mangiato un panino in centro. Segnaliamo alla vigilanza, insieme ad altri passeggeri, di avvisare i colleghi della fermata successiva di possibili risse e vado a casa. Con M. in testa, che sorride e sembra quasi che certe cose gli scivolino addosso (“ma quelli non so’ amici miei, prof, io so sceso solo con 2 o 3 di loro”) e quella sensazione di impotenza mista quasi a tenerezza per certi bulli che, appena chiedi loro qualcosa di sé, te la raccontano anche nel bel mezzo di un balordo viaggio in metro verso casa.

Maria Teresa Cudemo

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