Processo Resit: condanne definitive per i veleni in Terra dei fuochi

Confermata la pena a 18 anni per Cipriano Chianese, l’ideatore del sistema di smaltimento illecito per contro del clan dei Casalesi. Ritenuti colpevoli anche l’altro imprenditore Gaetano Cerci (15 anni), Filomena Menale, moglie di Chianese (4 anni e mezzo) e il progettista della discarica Remo Alfani (10 anni)

Per il traffico di veleni in Terra dei fuochi arrivano le condanne definitive. La sentenza riguarda il processo Resit, una vicenda simbolo del disastro ambientale in Campania. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, per l’imprenditore dei rifiuti Cipriano Chianese. L’uomo è ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti. Chianese – difeso dagli avvocati Giuseppe Stellato e Alfredo Gaito – è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (nella foto), impianto nel quale vennero fatti confluire – con la regia della camorra – rifiuti di provenienza lecita e illecita, in assenza di adeguate misure di controllo. Il risultato fu un gravissimo danno ambientale sul territorio. La Suprema Corte ha ribadito le condanne emesse in Appello anche per gli altri tre imputati: Filomena Menale (4 anni de mezzo), moglie di Chianese, che rispondeva di un capo relativo al riciclaggio, per il primo progettista della discarica Remo Alfani (10 anni), e anzitutto per Gaetano Cerci (15 anni di carcere), altro imprenditore dei rifiuti. La Cassazione, rigettando i ricorsi dei quattro imputati, ha confermato quanto emerso in Appello: alla discarica Resit vi fu un profondo e costante inquinamento prodotto da un traffico illecito di rifiuti, organizzato dalla camorra. Determinante per accertare il grado di contaminazione della Resit, tuttora in corso, fu la perizia ordinata dal presidente del collegio giudicante d’appello Domenico Zeuli. La relazione, firmata dai firmata professionisti torinesi Silvia Bonapersona (ingegnere ambientale), Cesare Rampi (chimico) e Stefano Davide Murgese (geologo ambientale), fu depositata il primo marzo 2017, e spiegò come la contaminazione del suolo sottostante fosse ancora in atto, visto che “le acque meteoriche – si legge nel documento – continuano ad infiltrarsi nel corpo delle discariche generando un percolato che continua a compromettere la qualità dell’acqua di falda”.

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest