Pip Aversa, arrestati 2 imprenditori accusati di appalti truccati per i Casalesi

L’ombra dell’ex capoclan Iovine nelle gare. Uno dei due indagati per un periodo ha ricevuto appalti dall’ospedale Cardarelli

Uno, operante nel settore edile, è accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso. L’altro di intestazione fittizia di beni e turbata libertà degli incanti con l’aggravante del metodo mafioso. Due imprenditori sono stati arrestati dai carabinieri all’alba a Napoli e in provincia di Caserta in un’inchiesta della Dda di Napoli su presunti appalti truccati nella realizzazione del Pip di Aversa, con l’ombra dei Casalesi, fazione Iovine.

Sono Ferdinando Di Lauro (finito in carcere) e il socio Andrea Grieco (ai domiciliari) i due imprenditori arrestati stamattina. Di Lauro, per un periodo, ha anche ottenuto quasi in maniera esclusiva gli appalti dell’ospedale Cardarelli, non interessati da questa indagine. A lui sono stati sequestrati immobili, veicoli e quote societarie per circa due milioni di euro. Gli inquirenti stanno ora indagando per scoprire eventuali infiltrazioni nell’apparato burocratico-amministrativo grazie alle quali l’imprenditore avrebbe, secondo gli investigatori, ottenuto gli appalti pubblici.

 

 

L’INDAGINE: ‘O NINNO TIRA IN BALLO L’EX SINDACO DI AVERSA, NON INDAGATO – I verbali dell’ex capoclan sono come un tornado. Iovine tra in ballo Domenico Ciaramella, ex sindaco di Aversa, che però non risulta indagato. In un interrogatorio reso ai pm della Direzione Distrettuale Antimafia del giugno 2014, il pentito racconta di quando “Di Lauro aveva acquistato unitamente a un socio di Napoli un terreno di 50mila metri quadrati inserito nell’area Pip di Aversa. Il nostro obiettivo era ottenere la trasformazione del terreno in zona edificabile”.  Il boss sarebbe intervenuto presso un imprenditore che si era aggiudicato l’appalto da 25 milioni di euro indetto dal Comune di Aversa, per la realizzazione dell’area Pip (Piano Insediamento Produttivo), costringendolo a rinunciare, per poi far aggiudicare i lavori all’azienda di cui era socio occulto. La ricostruzione investigativa è alla base dell’ordinanza che ha portato in carcere l’imprenditore di San Cipriano d’Aversa Ferdinando Di Lauro (prima foto in basso), e ai domiciliari il socio di quest’ultimo Andrea Grieco (seconda foto in basso), residente a Casoria. Tra gli indagati, oltre allo stesso Iovine, ci sono gli imprenditori Enrico Capogrosso ed Enzo Di Federico, entrambi amministratori di società riconducibili a Di Lauro e Iovine. A carico degli indagati i carabinieri del Reparto Operativo di Caserta e il Gico della Guardia di Finanza di Napoli hanno sequestrato beni per 2,5 milioni di euro. Dall’ordinanza firmata dal Gip Federica Colucci, emerge che sarebbe stata la “G&D Prefabbricati Spa”, azienda di cui era amministratore Di Federico, ad aggiudicarsi la nuova gara d’appalto indetta dal Comune dopo che la prima era stata annullata per la rinuncia dell’imprenditore avvicinato da Iovine. La G&D fu l’unica società a partecipare alla nuova gara, dopo che un’altra societa’ napoletana, non identificata, era stata costretta a rinunciare sempre dopo l’intervento del boss.

 

 

I TERRENI CONFISCATI A DITTE DEL BOSS – La vicenda viene alla luce nel corso di un’altra indagine, quella a carico dell’ex senatore del Pd Lorenzo Diana, indagato per concorso esterno in associazione camorristica; durante delle perquisizioni. Ii carabinieri del Noe sequestrano “una corta di archivio personale dell’ex parlamentare su fatti in cui egli si è direttamente attivato per delle segnalazioni oppure per degli interventi su autorità istituzionali”. Sarebbero finiti a ditte riconducibili al capoclan pentito Antonio Iovine due terreni gestiti da Agrorinasce, consorzio formato da sei comuni casertani che amministra numerosi beni sottratti ai clan. La circostanza emerge dall’ordinanza del gip Federica Colucci. Sono di due lotti di terreno a San Cipriano, Comune di cui Diana è stato sindaco e in cui risiede, quelli che sarebbero finiti alle ditte riconducibili a Iovine ma intestate a Di Lauro e Antonio Cerullo. Lo stesso Gip dice che Agrorinasce è una “creatura di Diana”. Iovine spiega poi che i lotti era stati acquistati “per i lavori di riqualificazione di un ex deposito militare”.

 

IL DIRETTORE TECNICO VERDOLIVA: “DI LAURO SEGNALATO FIN DAL 2006 – “Nel febbraio del 2006 le imprese che facevano capo al sig. Ferdinando Di Lauro, sia per quelle di cui risultava formalmente il titolare sia per quelle che rappresentava di fatto, sono state – a seguito di miei provvedimenti – tutte soggette a rescissione contrattuale perché in capo al sig. Di Lauro sussisteva una informativa prefettizia in materia antimafia sin dal 2003/2004 per ‘infiltrazione camorristica’ alla quale però – inspiegabilmente – da parte dell’A.O.R.N. A. Cardarelli non vi era stato alcun adempimento conseguenziale”. La ricostruzione in una nota, il direttore tecnico dell’ospedale Cardarelli di Napoli, Ciro Verdoliva, sugli appalti vinti nell’azienza ospedaliera dall’imprenditore arrestato oggi. “Mi sono insediato in qualità di direttore dell’ufficio tecnico del Cardarelli nel dicembre 2005 – ricorda Verdoliva – a seguito del decesso improvviso del collega che rivestiva tale ruolo da alcuni anni. La mancata consegna degli atti da parte di quest’ultimo mi costrinse ad approfondire in solitudine tutti i procedimenti passati ed in corso di completamento”. Mettendo alla porta le aziende direttamente o indirettamente riconducibili all’imprenditore Di Lauro “ho provveduto ad applicare la Legge, non ho assunto alcun comportamento ‘eccezionale’ ma ho avuto senz’altro coraggio; ho provveduto a denunciare alcuni comportamenti fraudolenti e truffaldini da parte delle imprese del sig. Di Lauro e di alcuni dipendenti del Cardarelli che gli reggevano il ‘moccolo’ con il risultato che quest’ultimi sono stati imputati ma poi ‘assolti’ per prescrizione”. “Per tali azioni – aggiunge Verdoliva – negli anni ho subito minacce anonime, minacce velate e neanche tanto velate da parte di tale soggetto ovvero di soggetti che gli erano vicino, e di tali fatti ne ho sempre interessato la magistratura competente collaborando negli anni successivi a fare chiarezza ogni volta che mi si presentava l’opportunità ovvero quando emergevano fatti nuovi”.

 

 

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