Pestaggi e torture nel carcere di Santa Maria CV: arrestati 26 agenti della penitenziaria

C’è anche Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania, tra gli indagati 

Svolta nell’inchiesta per i pestaggi di detenuti di Santa Maria Capua Vetere durante la protesta scoppiata il 6 aprile 2020 contro le restrizioni dovute al coronavirus e le pessime condizioni nelle celle. La protesta venne innescata da centinaia di carcerati dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto casertano.  Misure cautelari per 52  agenti della polizia penitenziaria – 8 finiti in carcere, 18 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 23 sospesi dal pubblico ufficio – destinatari dell’ordinanza eseguita dai carabinieri del Comando Provinciale di Caserta e della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere al termine delle articolate indagini coordinate dalla Procura guidata da Maria Antonietta Troncone e condotte dal procuratore aggiunto Alessandro Milita. Gravissime le accuse: I carcerieri sono  indiziati dei delitti di concorso in molteplici torture pluriaggravate ai danni di numerosi detenuti, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico (anche per induzione) aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.

Botte e manganellate contro i detenuti – Manganelli detenuti illegalmente dal personale della polizia penitenziaria e utilizzati sistematicamente per percuotere un numero considerevole di detenuti. I colpi venivano inferti anche con violenza nei confronti di quasi tutti i reclusi nel reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere. A riprendere questi atti le immagini di videosorveglianza posizionate nell’istituto e sottoposte a sequestro l’11 aprile 2020, cinque giorni dopo le presunte violenze avvenute nel penitenziario su cui sono in corso indagini della procura sammaritana. Gli atti di violenza si sarebbero prolungati per circa quattro ore nel pomeriggio del 6 aprile, con pratiche che la procura definisce “violente, indegne, degradanti e inumane” e messe a punto esclusivamente a fini “punitivi o dimostrativi”.

Consegnate false fotografie – Con l’acquisizione dei video, nonostante tentativi di “ritardare – si legge in una nota diramata dalla procura – o impedire l’acquisizione delle immagini” e “ostacolare il regolare svolgimento delle operazioni“. E’ stata accertata “in modo inconfutabile” la dinamica violenta, degradante e inumana che aveva caratterizzato l’azione del personale impiegato nelle attività, persone tra l’altro difficilmente riconoscibili perchè munite di dispositivi di protezione individuale ma anche di caschi antisommossa, oltre che di manganelli e di un bastone. E non solo. Consegnate fotografie che simulavano il  ritrovamento, da parte degli agenti di Polizia penitenziaria, di  strumenti atti ad offendere nelle celle dei detenuti, retrodatate per  sostenere la falsa rappresentazione del loro utilizzo per azioni  violente nel corso della perquisizione e giustificare così i pestaggi.

Calci, pugni e schiaffi – Tutti i detenuti del reparto Nilo, con esclusione soltanto di una sezione, erano stati portati dalle loro celle in altre sale: il personale di polizia penitenziaria aveva formato un “corridoio umano” al cui interno erano costretti a transitare indistintamente tutti i detenuti dei singoli reparti, ai quali venivano inflitti un “numero impressionante – fa sapere la procura – di calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello, che le vittime non riuscivano in alcun modo ad evitare”

Le orribili chat dei poliziotti della penitenziaria – Nelle loro chat gli agenti si esaltavano e divertivano per le loro “gesta”, frasi choc raccolte dalle intercettazioni: Li abbattiamo come vitelli”;domate il bestiame prima dell’inizio della perquisizione delle celle e, dopo, quando la perquisizione era stata completata, quattro ore di inferno per loro”, “non si è salvato nessuno”, il sistema Poggioreale”,Abbiamo ristabilito un po’ l’ordine”, “ho visto cose che in sei anni non immaginavo nemmeno”, “c’è stato un carcerato che ha dato addosso a un collega e lo hanno portato giù alle celle e come di rito ha avuto pure la parte sua”, Dalle 16 alle 18 abbiamo fatto tabula rasa” e “Oggi si sono divertiti al Nilo”.

Interdizione per il provveditore della Campania.  Una misura interdittiva emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) è stata notificata stamattina anche al provveditore delle carceri della Campania Antonio Fullone. La misura cautelare è stata emessa nell’ambito dell’indagini sulle violenze avvenute nel carcere casertano, il 6 aprile 2020, in pieno lockdown, durante una protesta dei carcerati. “Dare un segnale forte“, “un segnale minimo per riprendersi l’istituto”: è accusato di falso e depistaggio, il provveditore regionale delle carceri della Campania. La circostanza emerge dall’analisi delle chat acquisite dai cellulari degli indagati. Proprio da questi messaggi emerge la volontà del provveditore di dare una connotazione particolare alle perquisizioni.

13 agenti avrebbero falsificato referti, Indagati anche due medici del’Asl Caserta – Avrebbero attestato la falsa origine di presunte lesioni riportate da alcuni agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere  dopo la rivolta dell’aprile del 2020. Per questo motivo sono indagati a piede libero due medici dell’Asl Caserta. Contestata, come emerso dalla conferenza stampa tenuta dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Santa  Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, e dal procuratore aggiunto Alessandro Milita, anche la sommaria verifica dell’eventuale contagio da Covid in alcuni prigionieri. Dalla ricostruzione degli inquirenti, circa 13 agenti avrebbero falsificato referti per dimostrare di essere stati picchiati dai detenuti (fatti per i quali non ne rispondono i due medici dell’Asl).

 Gip di Santa Maria Capua Vetere: Violenze indegne di un Paese civile – “Si tratta, senza tema di smentita, di uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più  importanti istituti penitenziari della Campania. Un vero e proprio uso diffuso della violenza, intesa da molti ufficiali ed agenti di polizia penitenziaria come l’unico espediente efficace per ottenere la completa obbedienza dei detenuti”. E’ quanto scrive il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il giudice per le indagini preliminari parla di una “orribile mattanza” con “violenze, intimidazioni ed umiliazioni di indicibili gravità, senz’altro indegne per un Paese civile, che annovera fra i propri principi costituzionali quelli del rifiuto del trattamento inumano dei detenuti e della finalità rieducativa della pena”. I pestaggi “non sono stati frutto di un’estemporanea escandescenza di qualche agente o ufficiale di polizia penitenziaria – scrive ancora il Gip – ma sono stati accuratamente pianificati e svolti con modalità tale da impedire ai detenuti di conoscere i propri aggressori. Le vittime, infatti, erano costrette a camminare con la testa rivolta al suolo e nella sala della socialità erano posti con la faccia al muro, mentre venivano picchiati”.

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