Napoli, Pronto Soccorso del Cardarelli nel caos mentre De Luca si preoccupa delle mascherine

Ieri l’ultimo episodio che è rimbalzato su tutti i media: una lettera di dimissioni firmata da 25 medici

Ancora caos al pronto soccorso del Cardarelli di Napoli, il più grande ospedale del Mezzogiorno. Folla di pazienti, barelle e lettini occupati, medici esausti e con turni massacranti, rallentamenti nell’assistenza.

Ieri l’ultimo episodio che è rimbalzato su tutti i media: una lettera di dimissioni firmata da 25 medici del pronto soccorso nella quale evidenziano come siano “venute meno le condizioni per svolgere il proprio lavoro ossia assistere e curare dignitosamente i pazienti”.

Quella del nosocomio partenopeo, una vera e propria cittadella sanitaria conosciuta a livello internazionale, è una storia lunga anni e che, da tempo, sta vivendo situazioni difficili a causa dei numerosi arrivi di malati al triage.

Soltanto nelle ultime 24 ore si sono registrati 180/200 accessi in media al giorno, il 40% dei quali vengono poi trattenuti in ospedale e ricoverati. Al pronto soccorso, ci sono otto medici la mattina, sette nelle ore pomeridiane e sei in quelle notturne, coadiuvati da tre specializzandi a turno. In totale, lavorano a rotazione, 43 medici, 160 infermieri e 60 operatori sociosanitari. I posti di osservazione breve a disposizione dei pazienti sono 32 e l’occupazione è di 100 unità. Numeri che evidenziano una sproporzione tra il personale medico-sanitario e il flusso degli utenti. Situazione che, periodicamente, diventa incandescente

Aprire nuovi pronto soccorso per allegerire la mole di lavoro e l’eccesso di pazienti al Cardarelli di Napoli. E’ l’ipotesi sulla quale si sta discudendo nelle ultime ore dopo la recente lettera di preavviso di dimissioni di 25 medici del nosocomio partenopeo generata dalle disagiate condizioni di lavoro.

“Quanto sta accadendo al Cardarelli ci dimostra, ancora una volta, come sia opportuno che nel prossimo protocollo d’intesa il Policlinico Federico II sia parte integrante dei pronto soccorsi. Mi auguro che questo possa accadere al più presto, con un piano assunzioni adeguato alle sfide della sanità del prossimo futuro”, ha detto Maria Triassi, presidente della Scuola di Medicina e chirurgia della Federico II di Napoli.

Prospettiva che non convince del tutto il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. “Ovviamente il problema è strutturale, non lo risolviamo pensando di aprire qui e lì pronto soccorsi. Il problema non è il pronto soccorso del Policlinico, che non si apre domani mattina, il problema è aprire il pronto soccorso semmai al Monaldi, dove abbiamo 9 sale operatorie e si potrebbe aprire più rapidamente”, ha affermato il governatore.

Le notizie che giungono dall’ospedale Cardarelli di Napoli, il più grande del Sud Italia, sono gravissime. Due anni di pandemia sono serviti ad arricchire la propaganda della politica del presidente della Regione De Luca, a cui compete la materia della sanità, ma non sono serviti, nonostante il fiume di denaro pubblico, a migliorare lo stato di salute della sanità campana, in termini di strutture, mezzi, strumenti e personale. Vittime utenti e personale”. Così, in una nota, Luigi de Magistris, presidente di demA ed ex sindaco partenopeo. “Nonostante la fine dell’emergenza pandemica, da mesi, i pronto soccorso dell’area metropolitana di Napoli sono in continuo affanno e incapaci di prestare in maniera adeguata le cure di vitale importanza per migliaia di persone. La situazione del pronto soccorso del Cardarelli è fuori controllo e gli operatori denunciano l’impossibilità di ‘prestare cure dignitose’ perché in poco tempo si è passati da 46 operatori a 25”, ha proseguito. “Siamo a rischio chiusura quando tutti i pronto soccorso dell’area metropolitana di Napoli sono in affanno. Il Cardarelli è l’ospedale che più di tutti accoglie i pazienti, pur sapendo di dover affrontare incredibili ostacoli, mai nessun cittadino viene respinto nella consapevolezza che – ha continuato de Magistris – il resto della rete ospedaliera o è smantellata o è impossibilitata ad assicurare cure di emergenza adeguate. Sono vicino agli operatori sanitari e al difficile e duro lavoro che fanno tra mille difficoltà”. “La Regione Campania ha fallito miseramente sulla sanità e il governo nazionale non può far finta di niente solo per non disturbare il manovratore politico e per non ostacolare il processo di privatizzazione dei servizi sanitari messo in campo dalla Regione Campania. Ma il Governo purtroppo è distratto, aumenta i soldi per le armi e li toglie alla sanità e alla scuola. Chi paga e chi muore sono le persone. Le cittadine e i cittadini pagano sulla propria pelle sia la politica di De Luca, buono solo a rafforzare i suoi interessi politici, sia la politica del governo Draghi che punta a smantellare ancora di più i servizi pubblici”, ha concluso l’ex pm.

Un governatore che poteva utilizzare lo stato d’emergenza Covid per potenziare la sanità pubblica campana. Invece, De Luca si è preoccupato di esternare ogni settimana a colpi di dirette Facebook e “linguaggio bellico” contro i cittadini che non indossavano le mascherine o i vecchietti che non rispettavano la distanza di sicurezza. E non finisce qui. Continuano le iniziative demagogiche. Con provvedimento in corso di pubblicazione, De Luca  ha richiamato tutti i datori di lavoro, pubblico e privato, all’osservanza delle norme di prevenzione sanitaria, in particolare riferite all’uso delle mascherine.  Sulla base di quanto previsto nel provvedimento, fino al 15 giugno 2022,  i titolari degli esercizi commerciali e di attività  produttive, compresi gli alberghi, i ristoranti e i bar, sono tenuti ad assicurare il rispetto da parte del relativo personale del protocollo di sicurezza che impone l’uso delle mascherine in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, quali i luoghi di riunione, le mense e le cucine.

CiCre

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