Aumenta la tensione mentre l’amministrazione comunale non promuove iniziative adeguate
Duecentocinquantotto lavoratori in pensione dell’Anm, azienda di trasporto pubblico di proprietà del Comune di Napoli, sono da mesi in attesa di percepire il (Trattamento di Fine Rapporto) regolarmente maturato. E a quanto pare i lavoratori dovranno attendere ancora. Infatti, stando alle ultime indiscrezioni trapelati dalla sede aziendale, il pagamento avverrà non prima del 2021. Indiscrezioni che stanno alimentando tensioni e malessere tra gli ex dipendenti Anm. Il ritardo si è accumulato a causa della procedura di concordato preventivo cui l’azienda di trasporto è stata ammessa alla fine del 2018. Alla data del 22 dicembre 2017, in cui fu presentata la domanda di concordato, tutti i debiti maturati dall’azienda rientravano nella procedura. I lavoratori usciti a partire da gennaio 2018, hanno maturato il “credito-Tfr” precedentemente alla domanda di concordato. A dicembre 2018 vi è stata l’ammissione al piano di concordato, con i debiti classificati in varie tipologie, verso i fornitori, verso i dipendenti, che sono creditori privilegiati, e verso i soggetti commerciali. La procedura prevede un programma ben definito di liquidazione dei crediti, con pagamenti da uno a quattro anni a seconda della tipologia. Per i crediti privilegiati, nei quali rientra quello verso i lavoratori, il pagamento avviene nel terzo anno dall’ammissione alla procedura, quindi nel 2021.Per l’assessore Panini la situazione è oggettivamente pesante per i lavoratori, ma si inserisce in un quadro in cui lo spazio di manovra è molto ridotto, perché ben definito dalla procedura di concordato. Fino ad oggi l’azienda e l’amministrazione comunale non hanno attivato iniziative adeguate per proporre ai commissari nominati dal Tribunale di ridurre i tempi per il pagamento delle spettanze dei lavoratori. Dura la posizione del gruppo consiliare comunale del Movimento 5 Stelle che ha ricordato una delibera della giunta di Palazzo San Giacomo approvata nel 2017 che stabiliva un piano di salvataggio e di rilancio dell’azienda, prevedeva la ricapitalizzazione e indicava precisamente tempi ed impegni economici per favorire l’esodo e la riconversione di parte del personale. Inoltre, veniva chiaramente detto che la liquidazione nel triennio poteva avvenire a fronte di risorse aggiuntive da parte del Comune. Perché non è stato rispettato questo piano e di chi sono le responsabilità? Secondo i pentastellati, il debito dell’azienda sul Tfr non rientra nella massa passiva ammessa al concordato, ma, per un importo di circa 28 milioni su un totale di 42, rientra tra le passività classificate quali debiti della continuità aziendale, cioè non certi, liquidi ed esigibili alla data di presentazione della domanda di ammissione alla procedura concordataria, da pagare entro il 2019 con i flussi di cassa. Una situazione assurda. Intanto, oggi la settima sezione del tribunale fallimentare di Napoli ha disposto il rinvio dell’adunanza dei creditori. La prossima udienza è fissata per il prossimo 21 luglio.