Maxi sequestro da 200 mln, gruppo Pellini accusato di aver avvelenato acqua e terreni coi rifiuti

Secondo gli inquirenti c’è una “sproporzione” tra il patrimonio complessivamente riconducibile agli imprenditori, costituito principalmente da numerosi beni immobili e società operanti tuttora nel campo degli appalti pubblici, e le disponibilità ufficiali risultanti dai redditi dichiarati ai fini delle imposte dirette e dalle attività economiche

Il processo penale ha messo in luce, spiega il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, “un sistema criminale che per anni aveva movimentato e smaltito illegalmente tonnellate di rifiuti pericolosi e non pericolosi, spesso provenienti dalle industrie del Nord Italia, direttamente nelle campagne e nei lagni dell’Agro Casertano e Napoletano e aveva contribuito ad alimentare l’economia dei clan operanti in quelle aree”.  Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli ha eseguito un sequestro patrimoniale per un valore di circa 200 milioni di euro riconducibili ai fratelli Giovanni, Salvatore e Cuono Pellini, imprenditori di Acerra operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti e già condannati in primo grado dal Tribunale di Napoli per delitti connessi allo smaltimento illecito di rifiuti tra il 1997 e il 2005. Successivamente, la quarta sezione della Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del gennaio 2015, accogliendo l’appello del pm, ha ritenuto configurato il delitto di disastro ambientale consumato. Nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, culminata nel provvedimento di sequestro, sono stati scoperti  rifiuti liquidi sversati direttamente nel bacino dei Regi Lagni, rifiuti speciali anche pericolosi smaltiti su terreni a destinazione agricola e in cave adibite illegalmente a vere e proprie discariche.

Dalle indagini è emerso che il patrimonio dei Pellini “era da qualificarsi come illegale poiché la gestione abusiva dei rifiuti risultava realizzata, fin dall’origine, con modalità illecite”. Secondo gli inquirenti c’è una “sproporzione” tra il patrimonio complessivamente riconducibile ai fratelli Pellini, costituito principalmente da numerosi beni immobili e società operanti tuttora nel campo degli appalti pubblici, e le disponibilità ufficiali risultanti dai redditi dichiarati ai fini delle imposte dirette e dalle attività economiche.

 

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