
Inchiesta su politica e camorra a Sant’Antimo, i pm chiedono il carcere per il senatore di Fi: ma il gip si è riservato la decisione. Sono rilevanti le intercettazioni, per cui serve un’altra autorizzazione della Camera. Ecco le accuse nelle carte
Richiesta di arresto bis, per il senatore Luigi “Giggino” Cesaro. I pm anticamorra Antonella Serio e Giuseppina Loreto avevano chiesto la custodia cautelare in carcere per il parlamentare forzista, come per i tre suoi fratelli, nell’indagine della Procura di Napoli su presunti intrecci tra camorra e politica nel comune di Sant’Antimo, feudo della dinasty Cesaro. Sul senatore, però, il gip Maria Luisa Miranda si è riservato ogni decisione, in attesa dell’eventuale autorizzazione all’utilizzo delle intercettazioni. Come per l’arresto, anche in questo caso occorrerà il via libera dell’aula di Palazzo Madama. Gli ascolti sono ritenuti rilevanti dal giudice, per la valutazione del quadro indiziario. Nei confronti di Luigi Cesaro, qualche settimana fa, la Procura di Torre Annunziata aveva chiesto alla Camera l’autorizzazione agli arresti domiciliari, nell’ambito di una inchiesta sull’affare dell’ex area Cirio di Castellammare di Stabia. Cesaro è anche detto “l’immortale”, per essere uscito indenne da numero inchieste, fin dagli anni ’80. In un processo alla Nco di Raffaele Cutolo, fu condannato in primo grado a 5 anni di reclusione, ma assolto nei successivi gradi di giudizio.
Le accuse. L’esponente di Forza Italia è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. “Per avere costituito, nel tempo, in concorso con il fratello Antimo – si legge nell’ordinanza di misura cautelare eseguita stamane -, la figura di interlocutore ed interfaccia dapprima con Puca Pasquale, poi con Puca Lorenzo e nel recente periodo con Di Lorenzo Francesco, nei rapporti tra il clan Puca e la politica locale”. Le contestazioni sono pesantissime. I rapporti tra Luigi Cesaro e il clan si sarebbero dipanati “concordando con i predetti esponenti camorristici, in occasione delle varie competizioni elettorali tenutesi a Sant’Antimo dal 2007 in poi, la formazione delle liste dei candidati alle cariche elettive, turbando il regolare svolgimento delle competizioni elettorali de quo finanziando in tutto o in parte le attività illecite di compravendita di voti, favorendo l ‘attribuzione degli incarichi di governo della città di Sant’Antimo a soggetti prescelti dal clan, attribuendo incarichi dirigenziali in seno ad uffici nevralgici dell’Ente
locale a soggetti indicati dai predetti esponenti camorristici”. E ancora: “Ricevendo in cambio l’appoggio del clan Puca nel corso delle varie competizioni elettorali e, per le elezioni tenutesi nel giugno 2017 (comunali, ndr), anche quello dei clan Verde e Ranucci a cui il Di Lorenzo pure si rivolgeva per assicurare l’esito favorevole”. Le accuse al parlamentare riguardano fatti commessi a “Sant’Antimo e altre località della provincia di Napoli dal 2003 in permanenza attuale”.