Genny Cesarano un anno dopo, il quartiere si ferma: “Basta pregiudizi, la Sanità può cambiare”

La manifestazione in ricordo del 17enne, vittima innocente di camorra. Tantissimi giovani. Durante la messa, il parroco Loffredo li esorta a non mollare: “Non fatevi ingannare da quelli che hanno perso nella vita”

“Il 6 settembre dello scorso anno fu una domenica terribile, sentivamo che Dio era offeso perché era stato ucciso Genny. Ma i suoi amici l’hanno detto e scritto subito ‘Genny vive’, e avevano ragione:oggi siamo qui per ribadirlo”. A un anno dall’omicidio della giovane vittima innocente di camorra, è ancora don Antonio Loffredo, parroco della Sanità, a scuotere le coscienze. Il sacerdote parla dall’altare della chiesa di San Vincenzo nel corso della messa in ricordo del 17enne ucciso durante una sparatoria. Ai giovani che gremiscono la basilica, padre Loffredo ripete di “non credere ai pregiudizi negativi” verso il popolare rione napoletano, e a “chi dice che tanto qui non cambia mai niente, le cose devono andare sempre così. Non fatevi ingannare da quelli che hanno perso nella vita, perché si può cambiare”. All’esterno gli amici hanno affisso uno striscione in dialetto: “Resti il cuore della Sanità, ciao Genny”. E parole di speranza, sia pur venate da polemica, le consegna Antonio Cesarano, padre del ragazzo ucciso. “Io e le famiglie delle altre vittime innocenti – dichiara all’agenzia Omninapoli – ci sentiamo soli ma uniti dal popolo e dal quartiere, un ‘Popolo in cammino’ nasce da questo e non ci fermeremo, vogliamo risposte”. Gli fa eco il missionario comboniano Alex Zanotelli, da anni impegnato alla Sanità: “Le istituzioni diano risposte, basta parole”. L’associazione anticamorra “UnPopoloincammino”, nata l’anno scorso per reazione alla scia di sangue nei quartieri del centro antico, ha inaugurato in piazza Sanità una statua dedicata a Genny Cesarano. Raffigura un ragazzo in bilico su due travi, sulle quali ci sono le lettere della parola Sanità, mentre cerca di recuperare un pallone incastrato. L’opera è del maestro Paolo La Motta che conobbe Genny nel corso di un laboratorio artistico. Si chiama “In-ludere”, cioè significa giocare contro,  ed è stata donata dalla Fondazione di comunità San Gennaro.

(Foto UnPopoloinCammino/Fb)

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