“Ero stanco di subire le sue vessazioni. L’ho colpito otto volte”
Ucciso per un diverbio con dieci coltellate, dal suo compagno di stanza e di lavoro. Confessa dopo un lungo interrogatorio l’assassino del 28 indiano rinvenuto, nella notte tra mercoledì e giovedì, privo di vita all’interno di un’azienda agricola tra Santa Cecila di Eboli e Capaccio. Harmandeb Singh, 27 anni, anche lui indiano, fermato, poco dopo il ritrovamento del cadavere, dai carabinieri alla fine ha ceduto, ed ha confessato di aver colpito al torace e al collo l’amico e collega di lavoro Lakhvir Singh. L’omicidio è avvenuto al termine di una discussione avvenuta tra i due poco prima della mezzanotte, poi complice anche l’abuso di alcool che i due avevano fatto, è proseguita più tardi. Alle tre di notte Harmandeb, è passato dalle parole hai fatti. Ha preso il coltello da cucina ed ha colpito Lakhvir mentre dormiva. «L’ho ucciso perchè ero stanco di subire le vessazioni di Lakhvir sul lavoro, – ha detto il 27enne ai carabinieri di Eboli e al pubblico ministero Guarino durante l’interrogatorio, nel quale è stato assistito dall’avvocato pietro Fasano – non ce la facevo più. Quando è andato a dormire ho preso il coltello e l’ho colpito sette, otto volte» (dieci stando ai primi rilievi effettuati dalla scientifica). ha spiegato l’aggressore. L’uomo è accusato di omicidio volontario ed è stato trasferito al carcere di Salerno. Mentre la salma di Lakhvir è stata trasferita all’obitorio dell’ospedale di Eboli dove nei prossimi giorni si terrà l’autopsia. Entrambi i giovani indiani lavoravano nella stessa azienda bufalina. La società zootecnica si trova tra Cioffi e Campolongo, poco distante dal mare e dalla pineta. La camera da letto, dove è stato ritrovato il corpo del 28enne è stata isolata. Domani mattina, durante l’interrogatorio di convalida, l’avvocato Fasano chiederà i domiciliari: «È stato un delitto di impeto, non premeditato. Il mio cliente ha confessato ed ha anche raccontato tutte le vessazioni che era costretto a subire. Inoltre ha indicato agli inquirenti il punto esatto dove aveva gettato il coltello».