Ai due imputati la pena accessoria di cinque anni di interdizione dai pubblici uffici

NAPOLI – Silvio Berlusconi: colpevole. Valter Lavitola, ritenuto il suo sodale nella trama per far cadere il governo Prodi: colpevole. A Napoli, dopo oltre 6 ore di camera di consiglio, arriva la condanna in primo grado a 3 anni di reclusione per il leader di Forza Italia e l’ex direttore de L’Avanti. La prima sezione del tribunale presieduta da Serena Corleto ha condannato gli imputati alla pena accessoria di cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Berlusconi e Lavitola in solido, nonché Berlusconi e Forza Italia – indicata al processo come responsabile civile -, sono stati condannati al risarcimento dei danni, da quantificare in separata sede, nei confronti del Senato della Repubblica, che si è costituito parte civile. Il Tribunale ha fissato in 90 giorni i termini per il deposito delle motivazioni della sentenza.

 

GHEDINI – Assente l’imputato Berlusconi, in aula parla l’avvocato Niccolò Ghedini. Che non scopre le carte e dipinge un Berlusconi tentennante tra la possibilità di agguantare la sua settima prescrizione (dovrebbe maturare il 6 novembre) o procedere impavido verso “l’assoluzione nel merito”, dice lo storico legale. “Non c’è stata corruttela”, ribadisce Ghedini, parlando dei 3 milioni elargiti a Sergio De Gregorio per passare al centrodestra e far cadere il Governo Prodi nel 2008. “Si è trattato di un finanziamento”.

 

BERLUSCONI: “SENTENZA POLITICA” – Sobria, secondo abitudine, la reazione di Berlusconi alla decisione dei giudici. “Prendo atto di una assurda sentenza politica  – afferma l’ex cavaliere in una nota – al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell’interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, così come continuerò a fare”. “Ho piena fiducia negli italiani – aggiunge – e nella loro capacità di comprendere quale persecuzione giudiziaria sia stata scatenata contro di me per cercare di ledere la mia immagine di protagonista della politica”.

 

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