
Il 12 aprile al tribunale di Napoli via al processo per la morte di 6 operai e 2 loro familiari. Alla sbarra Stephan Schmidheiny, prosciolto per prescrizione nel filone torinese
Eternit Bagnoli, arriva la svolta giudiziaria. L’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny è stato rinviato a giudizio dal gup del Tribunale di Napoli. Per l’ex amministratore delegato di Eternit, l’accusa è di omicidio volontario con dolo eventuale, in relazione alla morte di sei operai e due loro familiari. Sono morti per cancro provocato da esposizione all’amianto nello stabilimento di Napoli ovest. Il processo comincerà il 12 aprile davanti alla seconda sezione della Corte di Assise.
Il gup Alessandra Ferrigno ha accolto, così, le richieste dei pm Giuliana Giuliano ed Anna Frasca. A sostenere la pubblica accusa, l’Osservatorio Nazionale Amianto, costituito parte civile con l’avvocato Flora Rose Abate. Il processo nasce da un troncone della maxi-inchiesta di Torino sulle morti per mesotelioma causato dall’amianto in tutti gli stabilimenti della multinazionale svizzera in Italia, dismessi da anni: Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli e Rubiera. A Torino fu disposto lo spacchettamento dei procedimenti e la trasmissione degli atti alle procure di competenza, tra cui quella di Napoli. L’accusa originaria riguardava 258 operai morti. Nel processo torinese, l’imprenditore svizzero era stato condannato a 18 anni di carcere in appello per il disastro ambientale, ma prosciolto in Cassazione per intervenuta prescrizione del reato.
L’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali dell’ex ad di Eternit, parla di accusa grottesca. Di Amato sottolinea che nel 2014 la Corte di Cassazione “aveva prosciolto Schmidheiny da ogni accusa mossagli nell’ambito di questo primo processo, affermando che i reati erano già prescritti prima dell’inizio del procedimento”. “Questa riedizione di un processo perso dall’accusa viola i diritti fondamentali dell’uomo: il principio del divieto di ‘ne bis in idem’ sancito dalla Convenzione europea diritti dell’uomo”. Al difensore dell’imputato replica l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona: “La tesi dell’avvocato Di Amato non può trovare accoglimento perché è stata già smentita dalla Corte Costituzionale, la quale ha evidenziato che non sussiste alcun bis in idem, poiché l’accusa di omicidio non ha nulla a che vedere con quella di disastro ambientale, che ha costituito il capo di imputazione del primo processo Eternit”.