Ad aggredire Raimondo Caputo i detenuti che dividevano la cella con lui. Il procuratore Greco: “Manca la prova del dna ma l’indagato viene intercettato mentre si preoccupa che sul corpo della bambina possano essere trovate tracce del suo sudore”
Secondo una prima ricostruzione dei fatti, riportata da Metropolis Napoli, l’aggressione nei confronti di Raimondo Caputo è scattata nella cella al terzo piano del padiglione “Roma” del carcere di Poggioreale, ad opera di alcuni detenuti. Così è finito in isolamento l’uomo accusato di aver ucciso la piccola Fortuna Loffredo dopo aver commesso abusi sessuali. A salvare Caputo sono stati gli agenti penitenziari. “L’uomo – spiega il segretario generale del Sappe, Donato Capece – era recluso nel reparto che accoglie i ‘sex offender’. Alcuni di loro ieri lo hanno aggredito a calci e pugni e solo il pronto intervento degli agenti penitenziari ha evitato per lui danni più gravi”.
Intanto, il procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco, afferma di non considerare l’assenza di prova del dna un pregiudizio per le indagini. “C’è una sorta di confessione implicita – dichiara Greco in due interviste a Messaggero e Qn – l’indagato viene intercettato mentre si preoccupa che sul corpo di Fortuna possano essere trovate tracce del suo sudore”.