Abusivismo, la Consulta boccia la legge “blocca ruspe” di De Luca

Dichiarata incostituzionale la norma della Campania sulla conservazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni

Schiaffo della Consulta alla Regione Campania. La Corte costituzionale boccia la norma sulla conservazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni, che consentiva agli enti locali di non demolirli,  locandoli o alienandoli anche ai responsabili degli abusi. Una legge approvata l’anno scorso dal consiglio regionale, fortemente voluta dal governatore Vincenzo De Luca. La norma fu varata tra grandi polemiche e impugnata dal governo Gentiloni davanti ai giudici costituzionali. Ma ad osteggiarla era tutto il mondo ambientalista, a partire dai Verdi, il cui unico esponente nel consiglio regionale della Campania – Francesco Emilio Borrelli – aveva votato a favore della legge, accodandosi disciplinatamente a tutta la maggioranza. La Consulta, invece, ribadisce che gli immobili abusivi, una volta entrati nel patrimonio dei comuni, devono essere demoliti e solo in via eccezionale, attraverso una valutazione caso per caso, possono essere conservati. Alla luce di questo principio fondamentale del “governo del territorio”, contenuto nel Testo unico sull’edilizia, la sentenza n. 140 depositata oggi (relatrice Silvana Sciarra), ha dichiarato incostituzionali le disposizioni della legge della Regione Campania n.19/2017. Secondo la Corte, infatti, il legislatore statale, “in considerazione della gravità del pregiudizio recato all’interesse pubblico” dagli abusi urbanistico-edilizi, ne ha imposto la rimozione – con il conseguente ripristino dell’ordinato assetto del territorio – “in modo uniforme in tutte le Regioni”.

 

Quanto alla possibilità di locare o alienare gli immobili acquisiti al patrimonio comunale  – qualunque sia il soggetto destinatario (occupante per necessità oppure no) -, l’articolo 2, comma 2, della legge Campania n. 19/2017 la rendeva un “esito normale”, ma così facendo violava il principio fondamentale della demolizione nonché quello della conservazione, in via eccezionale, soltanto se, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, vi sia uno specifico interesse pubblico prevalente rispetto al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico-edilizia, e sempre che la conservazione non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. La sentenza stabilisce che il “disallineamento” della disciplina regionale rispetto al principio fondamentale della legislazione statale (che individua nella demolizione “l’esito normale” dell’edificazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale) “finisce con intaccare e al tempo stesso sminuire l’efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all’articolo 31 del Dpr n. 380/2001” incentrato sulla demolizione dell’abuso, “la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne esclude l’incidenza negativa nella sfera del responsabile”. L’effettività delle sanzioni risulterebbe “ancora più sminuita nel caso di specie – osserva la Consulta -, in cui l’interesse pubblico alla conservazione dell’immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o nell’alienazione dello stesso all’occupante per necessità responsabile dell’abuso”. In tal caso, l’illecito urbanistico-edilizio si tradurrebbe in un vantaggio per il trasgressore. Un mese fa la Corte costituzionale aveva bocciato un’altra legge della Campania, con la quale l’ente si sovrapponeva a funzioni del commissario alla sanità. La norma, approvata nel marzo di un anno fa, si intitolava “Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal Defr 2017 – Collegato alla stabilità regionale per il 2017”.

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