Zingaretti: “Se c’è Conte, escono Di Maio e gli altri”. E apre a Fratoianni

 Circolano anche i nomi dei democratici candidati alla carica di ministro

Nicola Zingaretti sarebbe favorevole a Giuseppe Conte alla carica di presidente dell’esecutivo giallo-rosa ma avrebbe posto altri veti, ovvero la mancata conferma di tutti i  ministri pentastellati uscenti. Una sorta di contropartita  per il via libera del professore a   Palazzo Chigi. E non finisce qui. Il segretario Pd  avrebbe chiesto tante poltrone,  ministeri di peso, dall’Interno alla Difesa, dall’Economia al Ministero del lavoro, dello Sviluppo, passando per gli Esteri.  “Se c’è Conte, esce Di Maio”, avrebbe detto Zingaretti ai suoi. Così, viene spiegato, ci sarebbe una discontinuità chiara da poter mostrare al Paese. E già si rincorrono ipotesi sui possibili futuri ministri: Minniti o Gabrielli agli Interni, Guerini che potrebbe andare alla Difesa e poi, per i dem, Orlando, Franceschini, De Micheli. La proposta viene considerata irricevibile dal M5S, ma la trattativa continua. E non solo. Zingaretti vuole allargare  l’esecutivo anche alla sinistra di Nicola Fratoianni e a Liberi e Uguali di Pietro Grasso  per controllare la maggioranza delle poltrone governative, dettare l’agenda, tutti i punti programmatici, in primis i capitoli riguardanti la legge di stabilità. Conte, secondo il Pd e la sinistra dovrebbe svolgere un ruolo notarile. Immediata la replica dei pentastellati.  “Nessun confronto è possibile davanti ai veti – fanno filtrare i pentastellati – Se non si sciolgono diventa tutto molto difficile”, avvertono. La posizion del M5S è secca e arriva nel giro di qualche minuto: “La soluzione è Conte, il taglio dei parlamentari e la convergenza sugli altri 9 punti posti dal vicepresidente Di Maio. Non si può aspettare altro tempo su delle cose semplicemente di buon senso. È assurdo. L’Italia non può aspettare il Pd. Il Paese ha bisogno di correre, non possiamo restare fermi per i dubbi o le strategie di qualcuno“, recita perentoria una nota diffusa dal Movimento. Ipartiti hanno ancora un giorno per dare un’indicazione al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non è ancora ufficialmente spento neanche il “forno” M5s con la Lega. Tanto che circolano voci su un possibile incontro tra i vertici dei due partiti. L’ipotesi di ritorno al voto esiste. Dal Quirinale non trapela nulla di più di quanto detto dal capo dello Stato al termine delle consultazioni. Nulla è cambiato: non si fanno sconti né dilazioni. Lunedì sera si attende di sapere dalle forze politiche qual è il risultato del loro confronto: su queste indicazioni verrà disegnato il calendario delle consultazioni. Che potrà quindi essere più o meno rapido. Mattarella attende ancora di sapere se c’è una maggioranza in Parlamento in grado di formare un nuovo governo. Il M5s stringerà un nuovo patto con il Pd o farà un – ad ora del tutto inatteso – ritorno alla Lega? Questa la prima risposta da dare. Chiusa ogni altra possibilità, il presidente della Repubblica traccerà la via verso il voto a novembre. Matteo Salvini, dopo aver lanciato le sue proposte a Di Maio, tace, nella speranza di tornare in partita se salterà il tavolo M5s-Pd. La soluzione cui Zingaretti e larga parte del Pd aspirerebbe come la meno dolorosa sarebbe quella di un premier terzo, anche se di indicazione M5s. In mattinata Paolo Gentiloni fa notare un sondaggio che dà il Pd in crescita dei sondaggi mentre la Lega crolla: come a dire, il voto resta un’opzione.

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