Un terremoto che doveva arrivare

Non è la domanda di sinistra socialdemocratica che manca, ma la trasformazione di questa istanza in operatività. Per cui la richiesta è diventata disperata. Questa disperazione è parte del trionfo del M5S

Va per la maggiore la tesi che l’Italia è un paese tendenzialmente di destra e che ormai, con il “pericolo” costituito dall’immigrazione, la domanda di sicurezza prevarica le “vecchie” istanze della sinistra. D’altra parte, non è quello che sta succedendo in tutto l’occidente? Questa è una tesi assolutoria che scarica sugli elettori le cause della catastrofe elettorale Italiana, che segue, non dimentichiamolo, quella Tedesca.

La mia spiegazione è molto differente. Innanzitutto, sono i valori (disvalori per me) di cui è portatrice la destra ad essere antropologicamente connaturati nell’uomo, non quelli di sinistra, che implicano sempre una rinuncia. L’uomo pensa alla sua sopravvivenza (o ai suoi agi, se vogliamo trasferirci dall’antropologia astratta alle strutture sociali moderne) e, animalescamente, deve prevalere chi è più forte (bravo). Chi è debole deve lasciare il passo a chi è stato capace di emergere e deve lavorare per esso. Il debole si deve adattare per vivere in modo accettabile, ed in effetti si adatta bene, perché è più facile e comodo chiedere assistenza che non rivendicare i propri diritti e quindi lottare per ottenerli. Questa visione, traslata all’oggi, comporta che nella società quelli che vanno privilegiati sono gli eccellenti, mentre la massa di normali o mediocri, deve continuare a tirare la carretta per queste eccellenze. Pochi considerano che la carretta va, perché è quella massa che la tira e che la forza delle eccellenze sarebbe ininfluente senza di loro.

Ma questa è la nostra reale natura. Superare questi istinti di prevaricazione e di sottomissione, trasformare la voglia di dominanza in solidarismo, riconoscere lo sforzo collettivo per far progredire la società, ed anche accettare la rinuncia perché per stare bene io bisogna che stiano bene tutti, nonché trasformare in diritto quella che è rassegnata dipendenza assistenziale, richiede un grande sforzo culturale da parte di tutta la gerarchia sociale. La cultura opera in modo che l’etica sociale venga valutata su di un piano morale. E la superiorità morale dei valori di sinistra è tutta qui. Dipende dalla cultura e dalla presa di coscienza che il benessere collettivo è benessere individuale.

 

 

Con l’aumento impressionante del gap tra ricchi e poveri nelle nostre società industrializzate, spesso esorcizzato con i dati sulla riduzione della fame nel mondo, che è tutta un’altra storia, come può essere pensabile che proprio nelle fasce deboli, il bisogno di sinistra si sia affievolito, solo perché gli elettori hanno voltato la faccia a quelli che erano considerati, anzi si erano presentati come, i portatori di questi valori? Non è che gli elettori stiano cercando altri portatori e non quelli che gli si propongono?

Come può essere pensabile? La risposta è semplice. Le cose stanno così perché il bisogno di sinistra ha travalicato i confini della speranza e dell’aspettativa, ed è piombato nel baratro della disperazione.

 

 

Per chi avrebbe dovuto votare il popolo di sinistra? Per il PD? Per un partito asservito ad un personaggio che ne ha conquistato lo spazio a causa di una scelta dissennata che equiparò le primarie per la scelta del segretario di partito a quelle per la scelta di un Premier di coalizione? Un partito che è stato affrancato da ogni minima istanza socialdemocratica, per approdare a riforme che manco a Berlusconi erano riuscite?

Oppure per Liberi & Uguali? Un movimento nato tardivamente e su questioni apparse ai più di lana caprina, se confrontate con i provvedimenti che avevano contribuito, pur con disappunto, a far passare? Perché se scissione doveva essere, doveva avvenire sul job’s act o sulla scuola. Molti avevano perdonato il ritardo con cui la decisione era maturata, ed anche i motivi addotti, tutti interni agli schieramenti, ed io tra questi, perché le premesse erano di un rinnovamento radicale dei quadri, in modo da dare un segnale chiaro di volontà di cambiare capitolo, tenendo ben saldi i valori di sinistra riformista. Ed invece si è inseguito Pisapia invano, si è fatta un’alleanza suicida con una parte della sinistra radicale che nulla c’entrava con la storia di Bersani ed Epifani, si è rinunciato ad una leadership politica, per chiamare in aiuto l’ennesimo magistrato, galantuomo, ma lontano anni luce dalla storia di cui si voleva essere testimoni, ed alla fine si sono generate liste veramente incomprensibili (da quello che ho visto in Campania) che hanno riproposto facce vecchie e di secondo piano in una logica da manuale Cencelli.

O Potere al Popolo? E con quale prospettiva, per fare che cosa e con chi? Sono certamente facce nuove, ma troppo inesperti, confusi, isolati e radicali per poter sperare in una rinascita della sinistra riformista.

Purtroppo, i bisogni fondamentali che in linea teorica una politica di sinistra può soddisfare sono rimasti, anzi si sono accresciuti (istruzione sana, salute, dignità del lavoro, libertà, tolleranza). Quello che manca ormai è la credibilità di chi dovrebbe rappresentarli, dopo un quarto di secolo di fallimenti (con la sola eccezione delle lenzuolate di Bersani), senza un minimo cenno di ricambio, che aveva già aperto la strada all’OPA di Renzi, che, in effetti, si è presentato con facce nuove, accreditandosi come nuova sinistra, a botta di provvedimenti simbolici (a cominciare dalla adesione al PSE), per carità!, sacrosanti, che sono stati la foglia di fico su una politica economico-finanziaria di destra.

 

 

Non è la domanda di sinistra socialdemocratica che manca, questo è un facile alibi, ma la trasformazione di questa domanda in operatività. Per cui la domanda è diventata disperata. Questa disperazione è parte del trionfo del M5S. E la mossa, definita becera e populista, di Di Maio di presentare i suoi potenziali ministri, è stata l’asso calato sulla testa degli scettici: guardate che, magari, io ho fatto solo il web-master, però quelli che vi governeranno sono persone credibili e con forti tendenze di sinistra riformista. E così a votare Liberi e Uguali sono rimasti solo gli elettori di Fratoianni.

Il secondo fattore che spiega il successo della Lega e della destra (persino di Fratelli d’I.) è legato al fatto che molti voti di “sinistra”, dal PDS in poi, sono voti dati su un crinale che oscilla tra destra e sinistra e che finiscono a sinistra perché la destra di governo italiana è impresentabile per molte persone per bene di destra liberale (una destra che non è strutturata in Italia). Nel momento in cui il partito bandiera della sinistra (o del centro-sinistra, definizione gesuitica) diventa un partito di destra economico-finanziaria ed annulla le differenze sul piano dell’etica con la destra, il votante che sta sul crinale si sposta automaticamente sull’originale, che è sempre più conveniente della copia.

Ripeto, la crisi della sinistra è una crisi di rappresentatività. E non è un problema solo Italiano, né generazionale.

Giovanni de Simone

Condividi sui social network
  • gplus
  • pinterest