La data simbolo della lotta alle mafie tra solenni cerimonie e ipocrisie su ergastolo ostativo e silenzi sulla stagione delle bombe. Mattarella: “Cosa Nostra non è stata ancora sconfitta”
C’è il popolo del 23 maggio, un corpo vivo, ormai di 29 anni, con i suoi colori, i bambini, riunito sotto un simbolo come l’albero di Falcone (in foto) C’è lo Stato coccodrillo, tra solenni celebrazioni e le solite opacità: il minuetto sull’ergastolo ostativo, la cui cancellazione sarebbe un regalo ai mafiosi; le ancora tante, troppe zone d’ombra su quella stagione, a quasi tre decenni dal tritolo di Capaci. C’è tutto questo, e anche altro, nella commemorazione della strage. Una sola certezza: da quel giorno del 1992, l’Italia non fu più la stessa.
Nell’aula bunker dell’Ucciardone, il Capo dello Stato, Sergio Mattarella fa rimbombare parole ferme nel giorno di “Palermo chiama Italia”, l’iniziativa del ministero dell’Istruzione e della “Fondazione Falcone” presieduta dalla sorella Maria, sorella del giudice, per ricordare la strage di Capaci. “La mafia, lo sappiamo, esiste tuttora – dice il presidente della Repubblica-. Non è stata ancora definitivamente sconfitta, è necessario tenere sempre la guardia alta e l’attenzione vigile da parte di tutte le forze dello Stato”. E “nessuna zona grigia – incalza Mattarella – nessuna omertà, né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi, non vi sono alternative”. Un discorso che tanti, fuori e dentro l’Ucciardone, fingono di non sentire. Nel bunker non ci sono i ragazzi delle navi della legalità, anche quest’anno ferme a Civitavecchia per il Covid. Nelle strade d’Italia ci sono però i lenzuoli esposti nei palazzi istituzionali e nelle abitazioni private, per non dimenticare Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Montinaro e Rocco Dicillo, assassinati da Cosa nostra il 23 maggio del 1992. Nell’ora esatta dell’esplosione sull’autostrada A29 – alle 17.58 – davanti all’albero Falcone, in via Notarbartolo, di fronte all’abitazione del magistrato, il silenzio chiude le celebrazioni. Sperando che qualcuno decida di non restare più in silenzio.
(Foto @Odyxeus59/Twitter)