Napoli, non è bello lavorare in pizzeria a 20 euro al giorno

Angeli a pezzi: Inchiesta dal basso sul Mercato del Lavoro. VI puntata

Tra il “sacco della città” dei migliori, guerra di camorra in arrivo e mattanze varie, ho la sensazione che il turismo a Napoli sia fortemente a rischio.

Un mio amico, guida turistica, racconta:

 “Con le nuove norme europee i gruppi possono portarsi le guide direttamente dal paese loro. Oppure le trovano già qua a meta prezzo. Abbiamo una costosa iscrizione ad un albo. Versamenti annuali e perché? Del resto, ci puoi arrivare anche tu, la guida è colui che conduce. Che conosce il territorio. Prima l’esame era su base regionale. Una guida della Campania, non poteva lavorare a Venezia. Poi siamo diventati guide nazionali.  Già mi sembra una stupidata che uno come me possa guidare una comitiva in Piemonte. Adesso siamo europei: ma mi sai dire un rumeno cosa ne sa di Capodimonte? Questo lavoro, così come sta diventando, tende a scomparire. I nuovi turisti sono barbari, maleducati, insensibili alla bellezza.  Turismo povero, che danneggia i luoghi, li impoverisce, li degrada. Crea lavoro? Non è bello lavorare a nero a venti euro a giorno in pizzeria. Ma nessuno controlla. Non crei opportunità condivise. Ma solo qualche furbo o camorrista che diventa imprenditore.  Non si trova più una casa in città. Tutti i figli dei miei conoscenti sono andati via: senza lavoro qualificato, senza possibilità di trovare alloggi, senza opportunità sociali e culturali. Non si è migliorati in niente: ospedali, scuole, sicurezza, infrastrutture, pubblica amministrazione. In più vuoi sapere una cosa? Basta un nulla e salta questa pax mafiosa. Un paio di morti giusti e questi pellegrini scappano per venti anni.”

Certo i bilanci dettati dal livore sono quelli che meno condivido, però il mio amico guida è persona colta e attenta. La sua parabola esistenziale è molto simbolica.

Laureato brillantemente all’università Orientale di Napoli ha, quasi subito, trovato lavoro in Francia. Ma vuoi la mamma o la fidanzata e non ha retto. È tornato a Napoli con le credenziali per dirigere uno dei quotidiani locali e, invece, ha trovato un posto nella contabilità di una ditta del Cis di Nola. Depressione. Perdita di interessi per il mondo. Divorzio. E, infine, licenziamento per scarsissima redditività. Si è dato questa chance turistica, facendo e vincendo il concorso e sono venti anni che svolge con sobrietà e intelligenza questa professione.

Non condivido quindi il suo livore ma, in qualche modo, presto attenzione alle sue analisi spietate, ma lucide “La pizza. La pizza. La pizza. Tre ore in fila per mangiare una pizza uguale a quella che fanno tutti gli altri. Chi vuole andare a Scampia a vedere le Vele, chi a Pizzofalcone per i “bastardi”, chi la Ferrante, questi guardano la televisione e pretendono di ritrovare Ciruzz’ o’ milionario al bar. Quando l’immagine di una città è incentrata sulle sue budella non è buono. A volte, quando incrocio un angolo molto sporco, tento di cambiare strada e, invece, loro sono proprio attratti dalla munnezza. Così diventiamo uno zoo”

Luca Musella

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