Napoli, gli operai a Pasqua sul Campanile: “Cambiare legge Reddito di Cittadinanza”

Martedì incontro con il direttore dell’Inps di zona

Chiedono di modificare la legge sul Reddito di Cittadinanza i 2 operai licenziati dalla Fca di Pomigliano da tre giorni arrampicati sulle impalcature del campanile della Chiesa del Carmine, uno dei campanili più alti di Napoli. E hanno trascorso la Pasqua a 50 metri di altezza, tra i tubi Innocenti  I due, Mimmo Mignano e Marco Cusano, insieme ad altri tre operai furono licenziati  in seguito alla manifestazione del 2014 in cui esposero un manichino impiccato con le sembianze dell’ex ad Sergio Marchionne. Protestano perché per una questione tecnica, legata a dei salari percepiti ma che dovranno restituire all’azienda, non sono stati ammessi – e con loro anche gli altri operai licenziati – alla misura del reddito di cittadinanza. A nulla è servito ieri l’intervento del presidente dell’Inps Pasquale Tridico che li ha convocati martedì per un incontro con il direttore dell’Inps di zona. “Non stiamo qui su senza mangiare e dormire, esposti all’umidità e al vento della notte – spiega Mignano – per un fatto personale. Se il presidente dell’Inps pensa di risolvere la cosa dandoci quattro spiccioli di reddito di cittadinanza sbaglia. La nostra è una battaglia politica che va oltre le nostre persone. Noi chiediamo che la legge sul reddito di cittadinanza venga modificata inserendo una misura che tuteli gli operai licenziati. Se dall’incontro di martedì all’Inps, al quale si presenteranno i nostri delegati con un preciso mandato, non emergerà la volontà chiara di intervenire sulla legge con una misura che tuteli i diritti degli operai licenziati, i veri poveri, noi andremo avanti a oltranza con la nostra protesta. 

La nostra – sottolinea Mignano – è una battaglia politica per dire che ci sono migliaia di operai licenziati e costretti alla fame. Non una protesta di poche singole persone. Per questo – prosegue – chiediamo che nel reddito di cittadinanza venga inserita una garanzia per chi viene licenziato per rappresaglia politica o in violazione al diritto d’opinione come nel nostro caso. Gli operai non possono aspettare cause lunghe dieci anni senza avere un reddito. Per questo non vogliamo che il Presidente dell’Inps risolva la nostra vertenza. Vogliamo una modifica a una legge che così com’è non garantisce gli operai, chi si ritrova a casa perché la mattina va a lavorare e trova i cancelli chiusi dal padrone. Se qualcuno pensa – conclude Mignano – che noi che abbiamo protestato contro la cassa integrazione a zero ore, contro gli 800 euro al mese, ora potremmo accontentarci di avere il reddito di cittadinanza solo per noi cinque licenziati si illude. Piaceri non ne accettiamo”.

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