La povertà è figlia della ricchezza, l’ultimo rapporto di Oxfam

Lo scorso anno in Italia il 20% più ricco dei nostri connazionali possedeva circa il 72% dell`intera “fortuna” nazionale. 

Drammatici i dati che emergono dal nuovo rapporto di Oxfam “Bene pubblico o ricchezza privata?” diffuso alla vigilia del World Economic Forum di Davos. Lo scorso anno in Italia il 20% più ricco dei nostri connazionali possedeva circa il 72% dell`intera ricchezza nazionale. Le fortune nel Mondo dei super-ricchi sono aumentate del 12% lo scorso anno, al ritmo di 2,5 miliardi di dollari al giorno, mentre 3,8 miliardi di persone, che costituiscono la metà più povera dell`umanità, hanno visto decrescere quel che avevano dell`11%. L`anno scorso, da soli, 26 ultramiliardari possedevano l`equivalente ricchezza della metà più povera del pianeta.  La nuova ricerca  rivela come il persistente divario tra ricchi e poveri comprometta i progressi nella lotta alla povertà, danneggi le nostre economie e alimenti la rabbia sociale. Lo studio mette inoltre in evidenza le responsabilità dei governi, in ritardo nell’adottare misure efficaci per contrastare questa galoppante disuguaglianza. Servizi essenziali come sanità e istruzione infatti continuano a essere sotto-finanziati, la lotta all`elusione fiscale ristagna, mentre le grandi corporation e i super-ricchi contribuiscono fiscalmente meno di quanto potrebbero. L`enorme disuguaglianza che caratterizza il nostro tempo, inoltre, colpisce soprattutto donne e ragazze.

Non dovrebbe essere il conto in banca a decidere per quanto tempo si potrà andare a scuola o quanto a lungo si vivrà – ha detto Winnie Byanyima, direttrice di Oxfam International – eppure è proprio questa la realtà di oggi in gran parte del mondo.
Mentre multinazionali e super-ricchi accrescono le loro fortune a dismisura, spesso anche grazie a trattamenti fiscali privilegiati, milioni di ragazzi – soprattutto ragazze – non hanno accesso a un`istruzione decente e le donne continuano a morire di parto”.

I servizi pubblici sono sistematicamente sotto-finanziati o vengono esternalizzati ad attori privati, con la conseguenza che spesso i più poverine vengano esclusi. Ecco perché in molti paesi un’istruzione e una sanità di qualità sono diventate un lusso che solo i più abbienti possono permettersi. Basti pensare che ogni giorno 10 mila persone muoiono nel mondo, perché non hanno accesso a cure mediche, per il semplice fatto che non le possono pagare. Nei paesi in via di sviluppo un bambino di una famiglia povera ha il doppio delle possibilità di morire entro i 5 anni, rispetto a un suo coetaneo benestante. In un paese come il Kenya, un bambino di una famiglia ricca frequenterà la scuola per il doppio degli anni rispetto a un bambino proveniente da una famiglia senza mezzi.

Vi è una forte correlazione tra disuguaglianza economica e disuguaglianza di genere.Società più eque registrano anche condizioni di maggiore parità tra uomini e donne. A livello globale gli uomini possiedono però oggi il 50% in più della ricchezza netta delle donne e controllano oltre l’86% delle aziende. Anche il divario retributivo di genere, pari al 23%, vede le donne in posizione arretrata. Un dato che per di più non tiene conto del contributo gratuito delle donne al lavoro di cura. Secondo le stime di Oxfam, se tutto il lavoro di cura non retribuito, non contabilizzato oggi dalle statistiche ufficiali, svolto dalle donne nel mondo fosse appaltato ad una sola azienda, questa realizzerebbe un fatturato di 10 mila miliardi di dollari all’anno, ossia 43 volte quello di Apple, la più grande azienda al mondo.

Le persone in tutto il mondo sono arrabbiate e frustrate. – conclude Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia – Ma i governi possono apportare cambiamenti reali per la vita delle persone assicurandosi che le grandi aziende e le persone più ricche paghino la loro giusta quota di tasse, e che il ricavato venga investito in sistemi sanitari e di istruzione a cui tutti i cittadini possano accedere gratuitamente. A cominciare dai milioni di donne e ragazze che ne sono tagliate fuori. I governi possono ancora costruire un futuro migliore per tutti, non solo per pochi privilegiati. È una loro responsabilità”.

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