I nostri nonni  non possono accendere i riscaldamenti, sono troppo poveri

Una ricerca della Fondazione Giuseppe Di Vittorio evidenzia il grave stato di disagio degli anziani del nostro Paese, il Movimento 5 Stelle chiede di accelerare i tempi per la pensione di cittadinanza 

Quasi  la metà  degli anziani, cioè le nostre mamme e papà e i nostri nonni, non si possono nemmeno permettere di accendere i riscaldamenti dentro casa loro. A dirlo è un’indagine del Sindacato dei pensionati della Cgil e della Fondazione Giuseppe Di Vittorio.  Una fotografia triste, figlia delle politiche scellerate, dei sacrifici, dell’austerità  portate avanti  in passato che prometteva miracoli ai pensionati durante la campagna elettorale e poi si scordava di loro un minuto dopo la chiusura delle urne.  Nell’indagine emerge che il 14% degli anziani è indigente, non può far fronte ai bisogni primari e non è nelle condizioni di poter mantenere una temperatura adeguata nella propria abitazione, anche in ragione della totale assenza di misure di efficientamento energetico, a partire dai doppi vetri, e in molti casi della mancanza dell’impianto di riscaldamento. A rischio, si rileva ancora nell’indagine, invece circa il 33% degli over 70 che non hanno condizioni economiche familiari né agiate né di indigenza ma non riescono comunque a garantirsi una temperatura confortevole nell’ambiente domestico.

I poveri energetici sono per lo più anziani soli, vedovi o vedove, che vivono in piccoli appartamenti tra i 40 e i 60 metri quadri, in condomini cittadini, e senza grandi attività sociali. Le donne sono la maggioranza. E più si va avanti con l’età più le condizioni economiche peggiorano. I più poveri sono gli ex artigiani e le ex casalinghe. Se la passano quelli che hanno lavorato come operai. Ma tra coloro che non hanno una pensione da lavoro, affidandosi a invalidità, reversibilità o pensione sociale, le condizioni di fragilità economica sono ancora più gravi.

Tra chi è in affitto, poi, le ristrettezze energetiche aumentano: una sola pensione non basta a pagare la rata mensile e a riscaldare la casa. Il 73,8% tra i più poveri accende i riscaldamenti “solo se strettamente necessario”. Con una spesa media annua per il gas di soli 258 euro, circa 500 euro in meno dei coetanei che se la passano meglio.

Dal punto di vista territoriale, la quota più sostanziosa di poveri energetici si trova in Calabria (45,4%), cui si contrappone il dato registrato in Toscana (6,8% di poveri), mentre in Puglia e Liguria si osservano percentuali prossime al dato globale (19,2%)». Sono solo queste quattro, infatti, le regioni oggetto della ricerca, effettuata sulla base di un campione non molto ampio, circa 1000 individui, ma comunque sufficiente a tracciare una precisa tendenza.

L’incidenza della povertà raddoppia per coloro che sono separati (o divorziati) o vedovi e arriva a superare il 30% per nubili e celibi. E «a uno stato di povertà energetica si accompagnano generalmente condizioni di salute precarie, se non compromesse», spiegano nell’indagine.

 

Un bonus sociale per l’energia elettrica e il gas, in realtà, ci sarebbe dal 2008. Ma quello che viene fuori dai dati è che solo il 30% di chi aveva diritto ne ha usufruito, tra una platea di destinatari ridotta all’osso, buoni di copertura della spesa troppo bassi e un inter amministrativo e burocratico da azzeccagarbugli. Non proprio agevole per un 70-80enne.

Per anni abbiamo assistito alla distruzione del tessuto sociale, con politiche di austerity che hanno consegnato a questo Paese un esercito di poveri. Non ci stupisce dunque leggere il dato, di per sé terrificante, rilasciato dal sindacato pensionati, secondo il quale quasi il 50% degli anziani nel nostro Paese non può permettersi neanche i termosifoni in casa. Tra questi, ci sono moltissime donne che sono il vero motore della famiglia e del Paese e sono state umiliate per anni da una vecchia classe politica e dalle sue scelte scellerate. Questi personaggi hanno condannato all’indigenza i nostri nonni, privandoli della dignità e facendoli morire di freddo. E continuano a dire che parlare di pensione di cittadinanza è populismo” – Affermano  Nunzia Catalfo, presidente M5S della commissione Lavoro al Senato e Davide Tripiedi, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera dei deputati.

“Davvero vogliamo continuare a vedere i nostri anziani rovistare nella spazzatura? Fare la fila alla Caritas per mangiare? O, appunto, morire di freddo nelle loro case? Chi non ha fatto niente in questi anni e continua a criticare le nostre politiche definendole populiste non ha a cuore la salute e il futuro dei cittadini italiani. Noi continueremo a tagliare sprechi e privilegi e andremo avanti con decisione con reddito e pensione di cittadinanza. Si tratta semplicemente di una misura di puro buon senso, un atto di civiltà: tutti i pensionati dovranno percepire una pensione minima superiore alla soglia di povertà.
Questo diritto viene ora sancito dalla nostra manovra del popolo, per assicurare una vita dignitosa ai nostri nonni”, concludono i deputati del MoVimento 5 Stelle.

                                                                                                                  Ciro Crescentini

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