Una legge che ha creato molteplici discriminazioni, licenziamenti facili e violazione dei diritti collettivi
È stato pubblicata la bozza di programma per la formazione del nuovo governo giallo-rosa. Un elenco di 26 punti che anticipano i contenuti della Legge di Bilancio per il 2020, finalizzata a realizzare una “politica economica espansiva, senza compromettere l’equilibrio di finanza pubblica, e, in particolare: neutralizzazione dell’aumento dell’IVA, sostegno alle famiglie e ai disabili, il perseguimento di politiche per l’emergenza abitativa, deburocratizzazione e semplificazione amministrativa, maggiori risorse per scuola, università, ricerca e welfare”. Nessun accenno alla cancellazione del Jobs Act, una legge che ha peggiorato le condizioni dei lavoratori. Tra l’altro lo scorso cinque agosto scorso il tribunale di Milano ha rinviato alla corte di giustizia dell’Unione Europea la norma sui licenziamenti collettivi stabilita dal Jobs Act. Una vera e propria spallata alla contestatissima riforma voluta da Matteo Renzi e dal partito democratico. La decisione dei giudici di Milano è stata emessa a seguito di un ricorso presentato da una lavoratrice licenziata sostenuta dalla Filcams Cgil e affiancata dalla Cgil nazionale. Una legge che ha creato molteplici discriminazioni. Una legge che punisce doppiamente i lavoratori assunti o licenziati con il Jobs Act e in più penalizzati in caso di reintegrazione al lavoro. Una norma che viola la Costituzione, la direttiva europea 99/70 e, infine, dieci articoli della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Stando ad alcune indiscrezioni il Pd avrebbe posto dei veti. Il capogruppo alla Camera Graziano Delrio ha escluso il superamento del Jobs Act dai punti programmatici. Ha invece parlato di abbassare il cuneo fiscale per i lavoratori e la legge sulla rappresentanza e svolta ambientale. Delrio, fedelissimo di Renzi, potrebbe occupare la poltrona di ministro del lavoro nel governo giallo-rosa. Abolire il Jobs act si deve ma soprattutto si può. ll Pd, Renzi ed i governi del Pd hanno approvato una legge e un provvedimento che hanno legittimato sfruttamento, umiliazioni sui posti di lavoro e consegnato una pistola nelle mani delle imprese. Una pistola puntata contro ogni lavoratore e lavoratrice che rischiano di essere licenziati senza alcun motivo, di non beneficiare del reintegro ma di un misero risarcimento, una sorta di elemosina. Se non c’è libertà e democrazia sui posti di lavoro non ci potrà essere libertà e democrazia nella società. Perché come ha insegnato Giuseppe Di Vittorio, “un lavoratore libero è quello che non è costretto a levarsi il cappello di fronte al padrone”.
Ciro Crescentini