Esclusione, sofferenza e guerra: la mattanza dei ragazzini napoletani

Una riflessione dello scrittore e fotoreporter Luca Musella per Il Desk.it

Un tempo, quando avevo una conversazione, tentavo di avere ragione, oggi spero solo di avere torto. Un ragazzino di 16 anni, con precedenti penali vari, tra cui un tentato omicidio, ammazza un ragazzo di 24, senza un movente logico. I professori parlano di nuova criminalità, come di un fenomeno avulso dalle dinamiche sociali che la nostra Classe Dirigente mette in atto. Si può abbandonare un baby criminale in balia di sé stesso? Da chi e come è stata osservata la sua non pericolosità dopo il tentato omicidio? Ci sta una vittima innocente: Giovambattista Cutolo. Un colpevole, ma troppi complici e mandanti.

Casi di coltelli per gioco nelle stesse 24 ore e solo il fato ha voluto che non ci scappassero altri morti. Agguati di camorra quotidiani. Il territorio di margine (il sottoscritto ci vive) vede un abbandono e una miseria da Dopoguerra, dove solo le luci delle sale slot ravvivano il paesaggio. A Caivano ci sono strade dove decine di bar sono uno a fianco all’altro: ma quanto caffè berranno? Del resto, anche tra Piazza Nazionale e Casalnuovo non ci sta un filo d’erba, uno spazio per i bambini, un luogo di aggregazione: anche dalle mie parti sale slot, Centri Commerciali e bar.

In questo scenario cupo l’infanzia e l’adolescenza acquistano la valenza di un peso: un peso per le famiglie fragili, per le scuole scassate, per il Welfare inesistente. L’infanzia è un peso sospeso tra i cuoppi di fritto infami del centro e l’abbandono criminale delle periferie. Un peso in cui il bambino percepisce nitidamente una condanna: ergastolo di marginalità. Si cresce in fretta e, senza una lingua, un sentire, un sapere e un senso d’appartenenza al Genere Umano ci si avvia al tutto contro tutti della mattanza che, appunto, la nostra Classe Dirigente ha orchestrato per loro. L’evasione dello sballo e delle droghe chimiche diventa così l’unico traguardo da raggiungere per molti: la coca, nelle sue variabili più o meno chimiche, unita all’alcol, bevuto nel meccanismo del bangdrinking, ossia in modo più veloce e compulsivo possibile. È un’altalena, un su con la coca e un giù con l’alcol, che a un ragazzino può spappolare il cervello. Ed è così che si possono vedere gli alieni sul soffitto, oppure accoltellare per il fantacalcio o, ancora, uccidere perché si percepisce una minaccia che, in realtà, non ci sta. Dietro molti stupri e femminicidi si nasconde, anche in questo caso spero di dire una sciocchezza, il branco bestiale fulminato dalle sostanze: esaltazione, irresponsabilità, incapacità di vedere le conseguenze tragiche per il proprio destino e quello altrui, sono elementi fissi della dinamica mentale del dipendente. La droga oggi è strettamente collegata alla chimica: aggiunta a quella tradizionale, o reiventata giorno per giorno in garage clandestini, colpisce direttamente il cervello e, in età evolutiva, può scassarlo del tutto.

Così mentre leggo le indignazioni degli altri, mi domando perché nessuno indichi nella costante assenza di moventi, in questo genere di criminalità, una anomalia inedita? Si rischia l’ergastolo per rapinare una banca, non per un bisticcio al fantacalcio. Lo stesso utilizzo del telefonino, per riprendersi durante il crimine, indica chiaramente una incapacità di afferrare appieno quello che si sta facendo e quello che si rischia nel farlo. Tutto un video gioco di bambini a cui abbiamo imposto dei codici di violenza, consumo, de umanizzazione, ignoranza e che vedono ogni Essere Umano, compresi i propri affetti più cari, come cose senza valore e senza scopo. Poi è vero che non tutti diventano criminali, ma molti hanno la potenzialità di diventarlo: basta uno sguardo storto e la violenza omicida diventa possibile, solo statisticamente meno frequente della violenza spicciola di massa con la quale affrontano la vita.

Del resto, Piazza Garibaldi non è una meta così irraggiungibile per la nostra Classe Dirigente e basta farci un giro per vedere migliaia di tossicodipendenti fuori da ogni equilibrio psichiatrico, deambulare tra una dose e l’altra, spesso consumata alla luce del sole. Porta Capuana è il cimitero dei ragazzini già morti: perché crescendo si sono trasformati in rottami umani. E allora che uccidere o essere uccisi rientra nella normalità. Nel vuoto nero che ha avvolto queste vite fragili, in cui ogni morte data o subita è un game over per un altro video gioco.

Luca Musella

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