Diffamazione ai danni di magistrato, de Magistris condannato

Il giudice monocratico di Lamezia Terme gli infligge una pena (sospesa) di 4 mesi, per le parole pronunciate contro l’ex procuratore aggiunto di Catanzaro, Salvatore Murone. Il sindaco: “Sentenza ingiusta, non ho mai fatto il suo nome. In appello sarà cancellata”

Diffamazione ai danni di un magistrato, il tribunale di Lametia Terme ha condannato il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris a 4 mesi di reclusione (pena sospesa). La parte offesa è Salvatore Murone, procuratore aggiunto a Catanzaro, quando de Magistris era pm in Calabria. Il giudice monocratico ha condannato l’imputato anche al risarcimento dei danni in favore della parte civile. “Io non avrei mai ipotizzato di fare il sindaco – dichiarava 4 anni fa l’imputato, intervistato dal conduttore Formigli a Piazza Pulita su La 7 – avrei voluto fare il magistrato. Poi lei ha citato una mia inchiesta che si chiama Why Not, quella inchiesta non fu portata a termine proprio perché fummo fermati da un sistema criminale fatto di pezzi di politica, pezzi di Magistratura e pezzi di istituzioni, a danno dei presunti innocenti, perché se tu fermi un’indagine, è venuto fuori chiaramente che mi sono state scippate inchieste e che le inchieste non dovevano essere scippate”. La reazione di de Magistris è affidata ad un video sui social. “Una sentenza di primo grado ingiusta – commenta il sindaco – che non posso accettare e che sono certo verrà riformata da magistrati autonomi e indipendenti. Quale è l’accusa che ha portato alla condanna in primo grado? Nella trasmissione Piazza pulita di Corrado Formigli del 9 marzo 2017, nell’ambito di un’intervista, a un certo punto affermo ciò che ho affermato tante volte e dimostrato nelle sedi giudiziarie, che l’indagine Why Not mi fu sottratta illecitamente e che fui vittima di un sistema criminale che operò ai miei danni. Dov’è la diffamazione? È provato dalla storia, da ultima la confessione di Palamara, nei provvedimenti giudiziari, che quella indagine mi fu sottratta illegittimamente. E come fa Murone ad essere parte offesa di questo processo se in quella trasmissione non cito mai Murone e non fu Murone che mi tolse l’indagine Why Not. Ho fatto il magistrato, non ho mai visto nulla di simile: un processo per diffamazione dove il fatto non esiste e dove la parte lesa non è mai citata”. Per de Magistris – candidato presidente alle regionali calabresi – è “il bentornato in Calabria evidentemente, ma io non mi faccio mettere il bavaglio da nessuno né mi faccio mai intimidire da nessuno. Ho denunciato un sistema criminale, è stato dimostrato in tutte le sedi giudiziarie la correttezza del mio operato, è stata dimostrata l’interferenza illecita che ho subito insieme ai miei collaboratori in indagini particolarmente delicate. Il tempo è stato galantuomo e mi ha dato ragione, sarà galantuomo anche in questo caso e si capirà come si è potuto arrivare a una condanna come questa in primo grado”.

Secondo l’accusa, le parole di de Magistris “offendevano così la reputazione del magistrato Salvatore Murone, destinatario individuabile delle riportate espressioni lesive, pur in assenza di indicazioni nominative, in quanto, all’epoca dei fatti, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, coordinatore del settore reati contro la Pubblica amministrazione, autore della relazione, datata 19 ottobre 2007, trasmessa con nota riservata alla Procura generale di Catanzaro in risposta alla richiesta di informazioni sul procedimento Why Not”. In seguito l’avvocatura generale dispose l’avocazione dell’inchiesta di de Magistris. A de Magistris si contestano “espressioni offensive” nonostante egli fosse a conoscenza della sentenza di assoluzione pronunciata nell’aprile 2016 dal Tribunale di Salerno, che aveva assolto i magistrati Salvatore Murone e Dolcino Favi (all’epoca procuratore generale facente funzioni), dall’accusa di abuso d’ufficio. Un’accusa nata dalle numerose denunce presentate da de Magistris, sostenendo l’illegittima sottrazione delle indagini. L’11 settembre 2019, la Cassazione ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Salerno.

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