Di Maio faceva l’operaio edile, ecco le buste paga regolari

Sulla vicenda interviene la leader Cgil, Susanna Camusso che chiede al Vicepremier di inviare gli ispettori del lavoro nell’azienda di famiglia ma la segnalazione agli organismi di vigilanza era un compito che spettava alla Fillea di Napoli

Un contratto di lavoro a tempo determinato -dal 27 febbraio 2008 al 27 maggio 2008- con la qualifica di operaio e la mansione di manovale, uno stipendio di poco più di 1.100 euro al mese, 1.354 lordi: all’età di 22 anni, un giovanissimo Luigi Di Maio venne assunto a queste condizioni dall’azienda di famiglia, l’Ardima costruzioni.

Sul Blog del Movimento oggi il vicepremier e ministro del Lavoro -messo sotto accusa da un servizio delle Iene- pubblica parte dei documenti relativi al caso, comprese le quattro buste paga di quei pochi mesi che lo videro manovale nell’azienda che, diversi anni dopo, gli verrà donata assieme alla sorella Rosalba. Trovate tutto in questo file

La retribuzione è oraria, motivo per il quale Di Maio percepisce 164 euro a febbraio -ma in quel primo mese sarà assunto solo per pochi giorni, ovvero dal 27 al 29- 981 euro nel mese di marzo, 1.237 euro e
1.183 euro nei due mesi successivi, aprile e maggio. Emerge regolare iscrizione anche alla Cassa Edile della Provincia di Napoli.  Con questo contratto e con le buste paghe relative, nello specifico, Di Maio ribatte alle voci su un possibile impiego in nero dello stesso vicepremier nell’azienda di famiglia. Nel post che accompagna i documenti del caso, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico precisa che pubblicherà a seguire il resto della documentazione richiesta appena reperibile.

Dai documenti (su un file  scaricabile qui ) “potrete vedere come la mia quota di partecipazione senza funzioni di amministratore o sindaco nella società Ardima sia sempre stata regolarmente dichiarata a partire dal 2014. A dimostrazione ulteriore che i fatti denunciati non riguardano il periodo in cui sono socio dell`azienda” – scrive Di Maio. “Pubblico subito questi documenti – aggiunge – perché sono immediatamente reperibili. Pubblicherò anche gli altri richiesti, non appena saranno state ultimate tutte le verifiche necessarie. Massima trasparenza, sempre”, conclude.

 

E sulla vicenda interviene Susanna Camusso, segretaria generale uscente della Cgil Nazionale. Camusso  ha risposto ai giornalisti che chiedevano un suo giudizio sulla posizione di Luigi Di Maio sulla vicenda degli operai assunti in nero nell’azienda del padre. “Credo che il ministro del lavoro abbia il dovere istituzionale di mandare gli ispettori  a verificare la situazione perché solo su quella base potranno essere dati giudizi”. Suonano stonate le dichiarazioni della Camusso, considerato l’ imbarazzante atto transattivo proposto e avallato da Giovanni Passaro, segretario generale della Fillea di Napoli, che prevedeva la concessione di miseri 500 euro per Salvatore Pizzo, l’ operaio edile che lavorava da due anni a nero con l’impresa del papà di Luigi di Maio.  L’operaio si era addirittura infortunato e l’Inail e l’Inps non furono informate. Dunque, la Fillea di Napoli aveva, in primis, il dovere e il compito nella sua funzione di associazione di rappresentanza sociale di segnalare questi fatti gravissimi all’Ispettorato del Lavoro. Invece, è stata sottoscritta una conciliazione capestro. Quella conciliazione andrebbe resa pubblica sul sito della Cgil e i vertici dell’organizzazione dovrebbero avviare un’inchiesta interna avviando, se ricorrono le condizioni, un’azione disciplinare nei confronti del dirigente della Fillea di Napoli.

 

 

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